Homeland 6x12 "America First" (season finale): la recensione

Homeland chiude la sesta stagione: tutto può accadere nel momento in cui la crisi raggiunge il suo punto più drammatico

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Spoiler Alert
Homeland, quando funziona, lo fa in spazi che vivono in uno strano luogo televisivo, qualcosa che confina con la pura invenzione narrativa, ma che ha dei tratti che affondano nell'attualità, e che si permette anche di giocare in modi quasi ridicolmente espliciti con la consapevolezza dello spettatore. Un titolo come America First, scelto per designare il finale della sesta stagione, ci richiama evidentemente ad uno slogan piuttosto attuale, e forse un certo atteggiamento ondivago dell'amministrazione Keane potrebbe essere un riferimento alla storia molto recente. Al di là di questo gioco abbastanza scoperto, rimane una conclusione molto classica per gli standard della serie, che replica alcuni giochi di scrittura visti negli anni precedenti ma stavolta si permette un cliffhanger più alto del solito.

Homeland chiude quindi con un episodio più "costruito" di quel che le morti eccellenti e i molti colpi sparati potrebbero lasciar intendere. Per arrivare a determinate conclusioni, quelle che vedono Saul e Dar contrapposti (sembrano Magneto e Xavier nella scena finale), quelle che vedono Carrie opposta alla Casa Bianca, quelle che vedono la Keane interpretare il ruolo ai margini dei limiti costituzionali, serve un certo svolgimento, che arriverà puntuale. Una escalation violenta, sia dalla parte delle proteste che da quelle del golpe, non del tutto giustificata dalle puntate precedenti. Il ritmo sempre alto e alcuni momenti già "storici" per la serie lo riscattano.

Si riparte da un momento di crisi assoluta per la democrazia americana. La vita della stessa presidente Keane è in gioco nel momento in cui, a quanto pare, la marcata opposizione sottobanco di Dar Adal sfocia in un tentativo di golpe. In questo frangente i principali attori si trovano uniti contro la minaccia comune, e tutto sembra seguire un filo piuttosto lineare nel momento in cui gli intrecci politici lasciano il posto ad una semplice fuga dagli assalitori. Carrie e Quinn arrivano in soccorso della presidente e di Saul. "Not my president", dice qualcuno, e l'attualità incalza tanto quanto gli eventi che si susseguono freneticamente.

La crisi esigerà il suo tributo di sangue, e toccherà a Quinn dare l'addio alla serie. La dipartita dell'amatissimo personaggio di Rupert Friend, sempre molto devoto al ruolo in tutte le sue sfaccettature, ha qualcosa che potrebbe ricordare l'uscita di Brody dalla serie. Sono distacchi che fanno male, sia per Carrie che per noi, ma in fondo sono inevitabili. Troppo è accaduto, troppo è stato detto. Dispiace che Quinn non abbia avuto il suo happy ending – ma qualcuno lo avrà infine in questa serie? – ma la serie gli riserva un'uscita di scena abbastanza in linea con le sue convinzioni. Un'ultima missione in cui Quinn salva la vita a due donne per lui fondamentali. Carrie, l'amore e la rovina, e poi la Keane, non per la persona che è, ma per il ruolo primario che rappresenta.

Con un salto temporale di alcune settimane cala il sipario su complessità varie e prime risposte all'attacco. Inizia una seconda parte di episodio che, in puro stile Homeland, taglia alcuni ponti con il passato e apre la strada al futuro, ai nuovi conflitti. Occasione particolare, questa sesta stagione potrebbe essere considerata come l'ideale prima di una trilogia che accompagnerà la serie di Showtime verso la propria conclusione. Questo significa un cliffhanger più alto di quelli visti negli ultimi anni.

Con un ribaltamento di prospettiva di cui vediamo i segnali già nella prima parte di episodio, la Keane cambia quella visione distante, quasi ingenua di fronte alle sgomitate dell'agone politico, che le avevamo visto adottare finora. Dal più classico dei colpi di Stato falliti si genera la possibilità di un azzeramento dell'establishment, tra arresti sommari e allontanamenti a tutti i livelli. Forse è l'inizio della sfida più grande per Carrie (prima avvicinata e poco dopo allontanata), che dopo molti nemici esterni guarda alla sua Washington con paura.

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