Homeland 6×11 “R is for Romeo”: la recensione
Ottimo episodio per la sesta stagione di Homeland, in cui torna al centro del dibattito il tema della post-verità
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In prima linea, a confermare il ruolo quasi secondario di Carrie, si trova ancora una volta il presidente Keane. Da una prospettiva alta, quasi opposta a quella che ha occupato in certe occasioni la recente cronaca americana (ma ci fermiamo qui come considerazioni sull'attualità), la presidente è chiamata a reagire in occasione di una conferenza stampa a un'ondata di odio creato in laboratorio, frutto a sua volta di una manipolazione vergognosa. Nel momento in cui la memoria del figlio è in gioco, la Keane non ci sta più a tirarsi indietro e, spronata da Saul, decide di affrontare a viso aperto l'artefice.
Non sappiamo quanto effettivamente pagherà il suo gesto, ma è certo che la sua credibilità, e quindi anche la sua autonomia decisionale, sono appese a un filo. Come appeso a un filo è il rapporto tra Quinn e Carrie. Li avevamo lasciati in un momento sospeso, tra rabbia e vendetta, la scorsa settimana, e quei sentimenti usciranno allo scoperto anche tra di loro, portando a galla parole che erano celate da molto tempo. Qui la prospettiva che conta di più è quella di Quinn, a quanto sembra. Carrie subisce più che altro le reazioni, pur scusandosi per quanto accaduto, ma è sui gesti liberatori di Quinn che vari momenti giocano, sia quando si scaglia contro Carrie, sia quando uccide l'assassino di Astrid.