Homeland 6x07 "Imminent Risk": la recensione

Lo sfuggente personaggio di Dar Adal torna al centro della storia, mentre in Homeland sale la tensione

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Spoiler Alert
La strategia della tensione passa, a quanto pare, per una rivalutazione in negativo del personaggio di Dar Adal. Che è sempre stato al confine tra necessità ed eccesso di zelo – chiamiamolo così – oltre a presunto burattinaio nella maggior parte delle stagioni di Homeland. Stavolta però sembra che abbia davvero più di una responsabilità nella gestione sia degli eventi generali ma anche di quelli più particolari riguardanti le difficoltà affrontate dai protagonisti principali. Esiste quindi un filo sottile che lega la politica internazionale e questi affari personali che, se non diventano mai problemi di famiglia, almeno lasciano intravedere condizionamenti di tipo affettivo nelle decisioni prese ai vertici.

I protagonisti che subiscono quasi passivamente in Imminent Risk, settimo episodio della sesta stagione di Homeland, sono Carrie e Quinn. La prima viene messa in discussione come figura materna responsabile nel momento in cui i servizi sociali entrano in gioco passando al vaglio i suoi problemi recenti e passati. Ci chiediamo, Carrie è effettivamente una figura sicura con cui far crescere Franny? Certo, i problemi non mancano, ma è anche vero che nelle straordinarie circostanze affrontate negli ultimi giorni Carrie ha fatto il possibile. Quanto ai suoi problemi di salute, tirati anche questi in gioco nella discussione, sono ormai sotto controllo.

D'altra parte, Carrie rimane quel personaggio al limite, che già in questa stagione non si è fatto troppi problemi a giocare con le regole e che, con le spalle al muro, si rivolge al presidente con una richiesta obiettivamente difficile da soddisfare e con toni "poco diplomatici". La Keane, che ha dalla sua parte già problemi non indifferenti a gestire l'opinione pubblica – la vediamo tirare in ballo la questione di suo figlio dopo il ripensamento della scorsa settimana – non può far altro che rifiutare.

Per quanto riguarda Quinn, la scrittura butta con una certa leggerezza un altro macigno sul suo passato, con un rapporto non meglio definito con il solito, diabolico Dar Adal. Che questa settimana, forse questa stagione, è davvero il burattinaio dietro tutto. Ne viene condizionato lo stesso Saul, che riallaccia i rapporti con Javadi e trova conferma al rispetto degli accordi da parte dell'Iran. Qualche eccesso di troppo questa settimana in Homeland. Gli ultimi episodi sono stati in crescita rispetto alla prima parte di stagione, e sicuramente ormai siamo curiosi di sapere dove andremo a finire con la minaccia in gioco.

Va detto però che la risoluzione, almeno fino ad ora, raramente passa attraverso i caratteri storici, piuttosto in difficoltà in questo momento. Carrie rimane il valore aggiunto nel momento in cui riesce a sostenere i propri demoni interiori diventando implacabile nelle indagini, vedendo schemi dove nessun'altro arriva. Abbiamo imparato a conoscerla così, mentre ora, più controllata e misurata, pare aver perso qualcosa della sua forza, e il crollo finale ne è una testimonianza.

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