Homeland 5x05 "Better Call Saul": la recensione

Titolo geniale a parte, Homeland presenta un episodio di transizione e assestamento

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Spoiler Alert
Con un titolo così era difficile non amare già in partenza questo episodio di Homeland. Incidentalmente poi viene fuori che Better Call Saul è anche una discreta puntata, per quanto di transizione e assestamento (le forzature sono parecchie, ma ormai sono parte della premessa e dell'ossatura della stagione), e quindi possiamo dire che questa quinta stagione continua a marciare sulla buona strada. Ancora sospetto, doppiogioco e prove di forza, di vario genere, per tutti i protagonisti. Carrie passa alle vie di fatto dopo essere stata messa in guardia da Quinn, ma anche dall'altra parte i "cattivi" della partita fanno la loro parte e stringono il cerchio intorno ai loro obiettivi.

Quindi la conferma dell'accordo tra Allison e i russi, che da un lato la tranquillizzano con una foto su Carrie morta, dall'altro premono per chiudere i conti sui documenti trapelati. Dar Adal (ma sarà così veramente o è un'esca?) non si fida di Saul, crede che la pacificazione in Siria potrebbe riaccendere il conflitto israelo-palestinese e quindi danneggiare gli interessi personali del direttore delle operazioni in Europa. Pertanto chiede, proprio a Allison, di mettergli addosso degli uomini per sorvegliarlo. È un Saul sulla difensiva quello di questo episodio, ora riflessivo, ora taciturno. Parlano per lui le azioni delle persone che lo circondano e, anche se il quadro non è completo e mancano molti tasselli, è chiaro che c'è chi rema contro in questa situazione.

Da parte sua anche Carrie cerca di muoversi, ora che Quinn è impossibilitato. Ritrova un collegamento, tramite Astrid, con la persona uccisa nell'agguato in cui è rimasto ferito Peter, ma la ricerca continua e, proprio per venire a capo della situazione, alla protagonista non rimane altro da fare che riallacciare i contatti con il suo vecchio mentore. Jonas intanto continua a non capire nulla della situazione, a essere fondamentalmente inutile e a reagire in modo eccessivo alle scoperte recenti su Carrie. Nel frattempo l'hacker da cui tutto è partito chiama alle armi la rete dopo l'uccisione dei suoi amici, e si scatena un movimento sulla falsariga di Anonymous che però nell'anno di Mr. Robot arriva un po' in ritardo e non ha nulla di particolarmente coinvolgente, come tutta la storyline a cui appartiene.

Un po' per caso, un po' per esigenze di storia – soprattutto queste – tirando i fili si scopre che tutto è collegato. Un hackeraggio quasi casuale, finito per caso nelle mani di qualcuno che, per caso, è collegato a Carrie che però della faccenda non sa nulla, ma viene presa di mira comunque da qualcuno che le scatena contro una persona che già conosceva. Forse è un po' troppo, considerando che alle spalle di tutto questo si agitano scenari geopolitici mica da ridere, tra Stati Uniti, Russia, Israele e Medio Oriente in generale.

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