Homeland 5x03 "Super Powers": la recensione
Carrie torna al suo passato nell'ultimo episodio di Homeland
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Si riparte da Carrie, o meglio Carrie riparte da se stessa. Da quella parte di sé che ha tenuto sotto controllo per tanti anni e alla quale ora si rivolge per venire a capo del tentativo di omicidio che l'ha riguardata in Libano. Allontanata Frannie – ottima mossa – Carrie sospende il suo trattamento, e in breve torna a quella agilità mentale, molto insidiosa, che le riconoscevamo nelle prime stagioni. Homeland è anche questo lato della sua protagonista principale, un lato che non vedevamo da un pezzo e nel quale Claire Danes rientra con la consueta naturalezza, a poco a poco, sotto lo sguardo vigile del suo compagno. Le servirà? Sì e no, nel senso che le apparizioni (rivediamo Aayani) e gli schematismi assurdi la metteranno fuori gioco all'inizio.
Saul in scena come mai fino ad ora in questa stagione. Sfuggente e inafferrabile fino all'ultimo. Siamo abituati a considerare il personaggio di Mandy Patinkin come una persona essenzialmente buona, onesta, forse troppo umana per il ruolo che svolge. E invece dimentichiamo che è un professionista impeccabile, che buona parte delle mosse a sorpresa delle ultime stagioni sono state architettate da lui, che nei momenti più decisivi è sempre stato presente e pronto a fare la cosa necessaria. Molto interessante lo scambio tra lui e During all'inizio dell'episodio, in cui si discute sulla legittimazione delle trattative con Hezbollah da un lato, e dall'altro si contesta l'autorità con la quale gli Stati Uniti si permettono di incidere nella politica estera delle zone più a rischio. Tutto il suo segmento si conclude con una rivelazione che vorrebbe essere sorprendente: in effetti lo è, nel senso che non è molto prevedibile, ma non è nemmeno così sconvolgente come la messa in scena vorrebbe suggerire.