Homeland 5x02, "The Tradition of Hospitality": la recensione

Secondo episodio della stagione per Homeland. Carrie in missione scopre una terribile verità

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Spoiler Alert
You can take the girl out the CIA, but...

... ma, Carrie continuerà ad appartenere a quel mondo, che le scorre nelle vene di madre e nel quale ancora oggi trova una ragione di vita, l'abito su misura per lei che, tra paura e rifiuto, non può far altro che abbandonarsi a se stessa. Dopo un periodo di riposo, torna direttamente sul campo, in una situazione critica, e la nostra protagonista sfodera tutte le abilità che ormai le riconosciamo. La storia di Homeland va avanti per binari separati, mescolando conflitti in Medio Oriente, criticità in Ucraina, intercettazioni, missioni segrete. I protagonisti sono piccole particelle perse in questo mare di informazioni, ma la storia riserva per loro un posto d'onore e in più di un'occasione permette loro di fare la differenza. The Tradition of Hospitality è un buon episodio.

Senza ulteriori indugi, ci spostiamo direttamente in Libano per assistere all'incontro organizzato grazie alla mediazione di Carrie lo scorso episodio. Qualche affare sporco con Hezbollah, una protezione che c'è e non c'è, ma in ogni caso During (Sebastian Koch, che era nel 2006 nel cast di Le vite degli altri, dove tornava il tema delle intercettazioni in Germania, anche se nel periodo della Guerra Fredda) riesce a tenere il suo discorso sui fondi umanitari da destinare al campo dei rifugiati siriani. La forte tensione del momento – sempre da sottolineare il contributo di Lesli Linka Glatter, regista simbolo della serie – sfocia in un momento di crisi. Un segmento che ha tutto per convincerci: l'attesa, il sospetto, la prima minaccia che però non è definitiva, la seconda ancora più inaspettata, e infine il ribaltone conclusivo che ci permette di rileggere gli avvenimenti sotto una luce diversa, anche se non del tutto plausibile.

Ed è qui che, procedendo sempre nel campo delle ipotesi, facciamo risalire il collegamento con la storyline delle intercettazioni. Mentre un'ombra si allunga sull'onestà intellettuale di Luisa, che porta in tv le sue argomentazioni contro il governo servo e complice della CIA, a Saul e Allison (Miranda Otto) appare chiaro come la donna conosca Carrie. Che l'ex agente sia coinvolta oppure no rimane un mistero per loro. Sappiamo solo che il vero obiettivo dell'attentato era Carrie (va bene, nessuno l'avrebbe capito, ma perché non si è cercato di coglierla di sorpresa invece che di colpirla nel momento di massima allerta?) e che nel finale di puntata Peter riceve l'ordine di ucciderla. Saul coinvolto? Sembra davvero impossibile. Allison? Più plausibile, ma è presto per fare congetture. Ma soprattutto, qualcuno si aspetta che Quinn obbedisca?

È una stagione molto ambiziosa, si vede fin da ora. Una che cerca di conciliare un affresco internazionale tra guerra, politica interna, contraddizioni della democrazia, con una storia più intima, un nuovo capitolo nelle vite di tre personaggi principali. Il grande rischio che la serie corre quest'anno è proprio questo: è chiaro che i collegamenti sullo scenario internazionale sono infiniti – come riassunto in uno scambio, per quanto semplicistico, tra Saul e Allison – ma la questione è se questo basta a giustificare le scelte di scrittura che vanno a legare i personaggi, e che potrebbero apparire forzate. Detto questo, anche solo per il pensare di poter realizzare un obiettivo del genere, senza timori o ritrosie, la serie si merita la nostra stima.

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