Homeland 5x01 "Separation Anxiety": la recensione

Torna con la quinta stagione Homeland: stessi protagonisti, ma un nuovo scenario e un nuovo arco narrativo

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Spoiler Alert
"You hunt us, kill our families, you keep us from our homeland"

Nel momento in cui il termine homeland viene pronunciato nel corso della première, a farlo non è il membro di un'agenzia di sicurezza americana o occidentale. È un comandante di Hezbollah che si trova clandestinamente in Germania, e che nell'usare quel termine vuole rigettare al mittente tutte le promesse di collaborazione e conciliazione. È già una stagione più grande e conflittuale quella che ci apprestiamo a vedere, che ha qualcosa delle precedenti, ma che – possiamo vederlo fin da subito – cercherà di costruirsi un'identità propria, se non da serie antologica, sicuramente da arco narrativo compiuto. Questa è la quinta stagione di Homeland, la serie di Alex Gansa che torna su Showtime per raccontarci un nuovo capitolo dei sanguinosi e sporchi retroscena della politica internazionale.

Un salto temporale di alcuni anni ci racconta che la base operativa e il nucleo della storia sarà in Germania, dove per vari motivi ritroveremo impegnati su più fronti Carrie, Saul e Peter. La prima ha dato l'addio alla CIA in seguito agli eventi che chiudevano la quarta stagione, in un misto di rifiuto e disgusto per la gestione di Haqqani da parte di Dar Adal, avallata nonostante tutto da Saul in nome di un maggiore equilibrio nella zona. Carrie quindi è in Germania insieme alla piccola Frannie. Sembra relativamente felice, sicuramente più equilibrata del solito, e ha una relazione stabile con un collega della filantropica During Foundation, con la quale collabora, forse – ipotesi di Saul – in uno slancio di senso di colpa per ciò che ha fatto o non ha fatto nel suo recente passato alla CIA.

La nuova storia parte quando si innescano una serie di fili apparentemente separati, ma che probabilmente andranno a convergere presto. Carrie diventa il tramite per entrare in contatto con un esponente di Hezbollah e chiedere all'uomo di intervenire per costruire un corridoio umanitario per i rifiugiati siriani in Libano, o meglio di permettere che avvenga un incontro direttamente con During. Al tempo stesso Saul, che adesso opera in Europa e che non ha mai perdonato a Carrie la sua scelta, è nel Paese per discutere con i vertici locali della CIA. È avvenuta infatti una fuga di documenti digitali, intercettati proprio dalla During, che potrebbe rilasciare i leak in rete con conseguenze imprevedibili. In particolare torna il tema della sorveglianza, con i tedeschi che avrebbero permesso, per monitorare le attività di eventuali jihadisti, di violare la privacy dei cittadini.

Ad essere messo peggio di tutti è però Peter, che dopo due anni trascorsi tra i tumulti di Raqqa è visibilmente provato e spezzato nello spirito. Ai suoi interlocutori offre due alternative: una che prevede una forte assistenza militare e civile nell'area, l'altra che prevede di spazzare via le milizie dello Stato Islamico. Nessuna proposta viene presa in debita considerazione, e Peter torna a operare come killer: a lui l'unico sussulto "action" della puntata.

Eventi a parte, è il tipo di episodio di Homeland che ci aspettavamo di vedere. Come detto all'inizio, questa non è una serie antologica, ma ormai funziona per archi narrativi, aggiungendo ad ogni stagione un nuovo tassello allo scenario internazionale nel quale, in modo più o meno elegante, sono calati i protagonisti principali. Qualcosa a metà strada fra 24 e The Wire, come affermava il creatore tempo fa. È un tipo di espediente perfetto perché permette alla serie di programmare con i tempi giusti l'evoluzione della trama, di giocare al rialzo senza timore di incartarsi su se stessa, che poi è quello che stava accadendo con la sottotrama di Brody. Tanto difficile da lasciare andare, ma non si poteva fare altrimenti e la serie ne ha tratto giovamento.

D'altra parte ci sono alcuni vincoli da rispettare, il senso di artificiosità nel vedere tutti questi personaggi – a cui ormai ci siamo affezionati – che si ritrovano in un certo posto nello stesso momento e che torneranno a incontrarsi ancora. Finché la trama regge, è un problema di secondaria importanza. E Homeland in questa première ha dimostrato di avere le capacità per farcela: c'è l'attualità di ogni livello, forse mai in tale quantità e così esplicita. Avremo tempo durante la stagione per entrare più nel dettaglio, ma per ora basta dire che rincongiungersi con Homeland non è stato affatto semplice, sia per il salto temporale che per la complessità dell'intreccio, ma che tra due-tre episodi potremmo trovarci di fronte ad una stagione definita, fin da ora promettente.

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