Homeland 4x09 "There's Something Else Going On": la recensione

Episodio straordinario per Homeland, che entra nell'ultima parte di stagione

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Spoiler Alert
Ci sono molte caratteristiche della nuova ondata di qualità televisiva nell'ultima puntata di Homeland. La capacità di giocare con i personaggi privando lo spettatore di punti di riferimento, una costruzione più "cinematografica" della storia, grandi valori tecnici e non solo in scena. E quindi la costruzione di momenti che colpiscono perché possono davvero essere gli ultimi in compagnia di quel personaggio (protagonista o meno che sia), una struttura stagionale quasi in tre atti, con un cliffhanger sorprendente, un campionario di attori eccellenti e vari momenti splendidamente tesi. È assurdo, è fantapolitica, ma è quello che Homeland è sempre stato. E ce lo ricorda con un episodio straordinario.

There's Something Else Going On ricostruisce in un'escalation di tensione ed eventi imprevedibili le concitate fasi che portano allo scambio di prigionieri con gli uomini di Haqqani in cambio della vita di Saul. Carrie, sulle spalle il peso dell'operazione, la richiesta esplicita di Mira e forse il senso di colpa per la bugia raccontata al suo vecchio mentore, conduce le operazioni sul campo, e finisce per mettere in gioco tutta se stessa pur di riportare a casa l'amico. Come da titolo, lo specchietto per le allodole lanciato ai protagonisti, e a noi spettatori, nasconde un velo di avvenimenti nascosti, che si rivelano solo nelle ultime sorprendenti sequenze dell'episodio. Il ricatto di Dennis Boyd apre le porte – letteralmente – al piano del terrorista, spalancandosi su un terzo atto di stagione tutto da seguire e lasciandoci con il fiato sospeso per le settimane a venire.

Le immagini dell'imboscata finale al "convoglio" che trasporta Carrie e Saul, quindi le esplosioni e la sorte dei protagonisti, rischiano di far passare in secondo piano quanto visto fino a quel momento. La lunga sequenza dello scambio di prigionieri, con Saul pronto a morire piuttosto che avere sulla coscienza il peso della liberazione dei prigionieri, è uno dei momenti migliori mai costruiti nelle quattro stagioni della serie. È un momento eccezionale perché tra le altre cose, sempre richiamandosi a quella costruzione "cinematografica" della storia, Homeland ci dice molto chiaramente che, come Brody lo scorso anno, anche Saul può essere sacrificabile, anche lui può morire. È una sequenza tesa, cattiva, gratificante nel modo in cui viene risolta, con un momento molto intimo e sincero tra Carrie e Saul.

Questa quarta stagione ha qualcosa che ricorda la costruzione di una miniserie. Forse per il fatto che è completamente slegata dai primi tre anni, forse perché il baricentro si è spostato, ma anche per le modalità di racconto della storia. Abbiamo avuto un nuovo inizio, e quindi l'evento che ha sbloccato l'equilibrio iniziale (il massacro al matrimonio), quindi una prima parte con l'incontro con Aayan che si è conclusa con la morte del giovane, una parte centrale sfociata nel rapimento di Saul e nella presentazione di Haqqani, e ora questo. L'attentato che nasconde una trappola per poter assaltare l'ambasciata americana porta tutto ad un nuovo livello, ad un terzo atto che, sembra inevitabile, dovrà concludersi con un nuovo equilibrio.

Nota sul finale. Qui ci sono tunnel ad hoc lasciati sguarniti, cattivi con piani diabolici che riescono al millimetro, e probabilmente un nucleo di protagonisti miracolosamente scampato alla morte: non è il massimo dell'eleganza di scrittura, ma non è nemmeno una tragedia. Homeland nonostante tutto è sempre stata una serie più irreale e vicina alla fantapolitica rispetto a The Americans, per fare un esempio. Le vicende personali, le emozioni dei singoli, le capriole di sceneggiatura hanno sempre influenzato attivamente il contesto internazionale in cui erano calate, e non il contrario, come sarebbe più normale in una vicenda di spionaggio.

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