Homeland 4x08 "Halfway to a Donut": la recensione
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La fuga di Saul dal luogo in cui è tenuto ostaggio da Haqqani e dai suoi, le trattative dei servizi segreti americani e dei pakistani, il tentativo di Carrie di salvare l'amico e mentore. In Halfway to a Donut nasce e muore nel giro di un'ora una "scorciatoia" che, a conti fatti, si rivela essere solo una strada più lunga per tornare al punto di partenza, più sconfitti e disillusi di prima. C'è vera tensione, vero interesse per le sorti del fuggiasco, che non esita a chiedere di essere ucciso pur di non finire come pedina nelle mani dei terroristi. E ad un certo punto il dubbio sulla sopravvivenza di Saul sarà più che lecito.
Qui il rapporto tra "il maestro e l'allieva" ritorna, riletto alla luce degli avvenimenti particolarissimi che si stanno verificando. E c'è una promessa non mantenuta, e un ripensamento dell'ultimo minuto rispetto ad una decisione, dettata dalla rabbia, che la stessa Carrie aveva preso alla fine di From A to B and Back Again. E quindi, come nel titolo di quell'episodio, ancora una volta si torna al punto di partenza, e ancora una volta l'inizio non è mai uguale a come l'abbiamo lasciato. Una rivelazione dell'ultimo momento, la consegna di un capro espiatorio che sicuramente non placa la crisi interna ai servizi segreti sul fronte pakistano, interrompe bruscamente l'episodio, senza lasciarci nemmeno un attimo di rilassamento finale per metabolizzare ciò che abbiamo visto fino a quel momento. Ancora un buon episodio.