Homeland 4x07 "Redux": la recensione

Dopo gli sconvolgimenti della scorsa settimana, in Homeland ecco un cameo inaspettato

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Spoiler Alert
Dopo lo sconvolgente esito del reclutamento di Aayan tutto ciò di cui si avrebbe bisogno sarebbe rintanarsi in un angolo a leccarsi le ferite. Ma la storia non lo permette. L'emergenza interna al fronte pakistano della CIA mette in discussione la leadership di Carrie alla luce degli ultimi eventi, il rapimento di Saul impone una direzione più forte, e forse la nostra drone queen non è più all'altezza della situazione (lo è mai stata?). Intanto il doppiogioco del marito dell'ambasciatrice entra di peso nella vicenda di Homeland, traducendosi in un ulteriore danneggiamento verso la protagonista. Vecchi fantasmi che ritornano, un cameo inatteso, un equilibrio fragile che si spezza definitivamente.

Redux. Il bel titolo dell'episodio ci riporta al passato, a vecchie considerazioni, a conflitti sempre vivi, ma che nella prima metà della stagione erano rimasti sommersi. Nel sacrificio del giovane ragazzo pakistano, morto per causa sua, Carrie rivede letteralmente tutta la vicenda di Brody. A poco vale il tentativo di Fara di suddividere in parti uguali la responsabilità per quanto accaduto: la morte di Aayani ha già avuto un impatto concreto sulla stabilità di Carrie, e la sostituzione dei farmaci è solo la goccia che fa traboccare il vaso. Tutto si conclude con l'apparizione a sorpresa di Damian Lewis: il dubbio su ciò che abbiamo di fronte dura solo un secondo, fortunatamente nessun twist improbabile all'orizzonte.

È proprio Carrie a fornire la prima lettura dello stato di prigionia di Saul. Non per ciò che rappresenta in sé, ma dal punto di vista dell'ex direttore della CIA, ora ostaggio di Haqqani. Si tratta  di una persona umiliata, che si sente colpevole per ciò che è accaduto. E quindi arriva il dialogo tra il prigioniero e il terrorista, scandito da uno scambio talmente artificioso da lasciarci con il dubbio che effettivamente quella a cui assistiamo sia una provocazione bella e buona. Forse il tentativo di Saul di cercare una punizione per la situazione in cui ha messo l'intelligence.

Da parte sua la scrittura di Homeland, come già accaduto per Abu Nazir, lavora per umanizzare il terrorista, qui marito, padre di famiglia, ospitale – considerate le circostanze – con Saul. Alla fine rimane un ottimo episodio, denso e veloce, probabilmente – e non solo per le apparizioni dal passato – il più legato ai temi delle stagioni precedenti.

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