Homeland 4x04 "Iron in the Fire": la recensione

La quarta stagione di Homeland continua a convincere, nonostante un finale di episodio straniante

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Spoiler Alert
Francamente è un bene che Homeland non sia solo quello mostrato nella scena finale di questo episodio. Questa è una serie in cui, nei primi tre anni, abbiamo visto il dramma personale dei protagonisti, e quindi Carrie, Brody, Saul, scorrere nelle pieghe di uno scomodo scenario internazionale, fino a prendere il sopravvento sulla storia. Che è un tipo di idea che può andare bene fino a un certo punto e in certe circostanze. Ad esempio, avvicinarsi pericolosamente, fino al coinvolgimento emotivo, ad un marine che potrebbe aver subito un lavaggio del cervello può essere un'idea che funziona. Sedurre il nipote di un terrorista per tenerlo sotto controllo, invece, funziona un po' meno.

Carrie è un personaggio fortemente instabile, che traeva la maggior parte della sua forza dall'essere una donna forte, che comprendeva bene il suo lavoro e che si spingeva al limite nel portarlo a termine. Ma al tempo stesso non l'abbiamo mai vista in una posizione di potere: la sua influenza era limitata dalla fragilità della sua mente, dall'essere lei stessa uno strumento nelle mani della CIA. La quarta stagione ha cambiato, rischiando, questo equilibrio. Ora invece Quinn, Fara, il giovane Ayaan sono i mezzi nelle mani di Carrie, che alla spregiudicatezza di un tempo ha aggiunto anche una posizione di potere come mai ne aveva avute prima. Ma l'instabilità è sempre lì, sempre pronta ad emergere.

E se certi mezzi potevano essere accettabili, fino a un certo punto, in un altro contesto, ora è più difficile. Lo è alla luce di quello che abbiamo visto nei tre episodi precedenti e in tutto il corso di "Iron in the Fire", almeno fino alla scena finale. Perché Homeland ha affrontato la dipartita di Brody rielaborando se stesso non solo cambiando qualche personaggio o la località, ma anche giocando su una prospettiva molto più vicina agli scenari internazionali, molto più da spy-story piuttosto che da fantapolitica. E risolvere un tema di simile portata riducendo tutto alla seduzione – momento un po' triste – di un giovane, significa giocare sporco e rinnegare in parte quello che si è visto finora.

Ma è solo una scena, per quanto collocata alla fine della puntata, e non cambia molto nell'equilibrio e nel parere positivo su questo avvio di stagione, ormai entrata nel vivo. Per il resto gli spunti sono ancora qui, e sono molto interessanti: l'esponente del servizio di intelligence pakistano ha un duro faccia a faccia con Saul, che scopre alcune delle sue carte e lascia montare la tensione tra i due fronti coinvolti. Gli agenti sul territorio intanto scoprono come l'attentato sia andato ancora peggio di come ritenuto fino a quel momento, e il prof. Dennis Boyd, marito dell'ambasciatrice Martha – che abbiamo scoperto essere una vecchia fiamma di Saul – inizia ad essere ricattato. Questo è l'Homeland che ci piace.

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