Homeland 3x10 "Good Night": recensione
Homeland continua a crescere in questa seconda parte di stagione: lo fa con una puntata ricca di azione
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Dai sotterfugi delle scorse settimane alla veloce riabilitazione della scorsa puntata, si arriva infine alla gestione sul campo della missione di Brody: una missione che entra nella sua fase più critica, che sposta il baricentro della narrazione direttamente in Medio Oriente, precisamente in Iran, e che poggia sull'azione come raramente si è visto in tutta la serie, sicuramente come mai durante quest'anno. Il tentativo di infiltrazione di Brody nelle maglie della politica locale passa attraverso il difficile contatto con Javadi e una lunga notte all'aperto, fatta di scontri a fuoco, pesanti decisioni e momenti di tensione. Certo, non si giunge mai a pensare che Brody possa realmente morire in questo frangente (sarebbe davvero assurdo ucciderlo dopo averlo reintrodotto appena due puntate fa), ma la regia, la bellissima fotografia notturna e i concitati momenti che legano il quartier generale all'Iran fanno bene il loro lavoro, e ci tengono inchiodati alla scena.
Carrie intanto nega che il bambino sia di Brody (per un attimo, durante una telefonata fatale, pensiamo che glielo stia per rivelare), ma ciò che probabilmente è più importante, per la scrittura futura della serie, è il nuovo tassello aggiunto al conflittuale rapporto con Quinn. Il rapporto tra i due si farà sempre più privato e confidenziale: questa sembra ormai una certezza. L'introduzione di Fara nella vicenda intanto getta più luce sulla conflittuale scena in famiglia che abbiamo visto tempo fa: vedremo come si evolverà. Saul ormai è un marionettista che ha scoperto tutti i propri fili, e che più che mai adesso è esposto alla sconfitta: personalità come Lockhart e Dar Adal lo osservano, urtate dalla sua condotta, ma anche apparentemente ansiose di conoscere l'esito della missione. La talpa è ancora in giro, la missione è appesa ad un filo, e mancano solo due puntate alla fine.