Homeland 3x08 "A Red Wheelbarrow": la recensione
Ottava puntata dell'anno, la seconda di questo Homeland "terza stagione 2.0" in cui si ricomincia a fare sul serio...
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Il dualismo rimane sempre il cardine delle personalità di Homeland, più accentuato in Brody o Carrie, più sottile in Saul, degno protagonista della terza stagione. Tutto è doppiezza, tutto dev'essere necessariamente sottoposto a più letture fino a poter estrapolare quella originaria e più vera. Il piano di Saul che, pur con metodi discutibili e scavalcando le alte sfere, ha intessuto una serie di azioni e reazioni sottilmente legate per rilanciare il controspionaggio in Medio Oriente, pone la CIA in una situazione di possibile riscatto dopo la grande sconfitta subita. Che l'uomo ucciso alla fine dell'episodio fosse effettivamente l'attentatore poco conta (almeno per adesso), mentre in primo piano passano il doppio gioco di Javadi, la copertura di Carrie che, nonostante la sua esuberanza, ancora sembra reggere, e soprattutto il rientro in scena, prevedibile a metà episodio ma comunque ben gestito, di Brody.
Passano quindi in secondo piano le vicende di Fara alle prese con un padre poco accondiscendente nei confronti della sua professione (gli autori insistono a mostrarci il lato umano dei co-protagonisti svincolandolo dalla vicenda principale, quando invece l'ideale sarebbe fondere le due situazioni), e la gravidanza di Claire (il padre è probabilmente Brody, ma non è esattamente la svolta più interessante al momento).