Homeland 3x08 "A Red Wheelbarrow": la recensione

Ottava puntata dell'anno, la seconda di questo Homeland "terza stagione 2.0" in cui si ricomincia a fare sul serio...

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Ottava puntata dell'anno, la seconda di questo Homeland "terza stagione 2.0" in cui si ricomincia a fare sul serio e gli anni passati non sono più un miraggio offuscato da fughe adolescenziali o improbabili gravidanze. La scrittura di Homeland livella ancora e ancora, le proprie parentesi inutili, tagliandole come rami morti e compiendo nuovi innesti, e per la seconda settimana consecutiva si iniziano a vedere i frutti del lavoro. Spinti ai margini, dove è giusto che stiano come meri riempitivi, le sottotrame secondarie (quella di Fara per intenderci) e fatte scomparire altre, la serie di Showtime scava ancora nel proprio nucleo principale, lancia un ponte ideale con il distruttivo finale della seconda stagione e pone le basi per il proprio futuro: un futuro che si chiama Saul.

Il dualismo rimane sempre il cardine delle personalità di Homeland, più accentuato in Brody o Carrie, più sottile in Saul, degno protagonista della terza stagione. Tutto è doppiezza, tutto dev'essere necessariamente sottoposto a più letture fino a poter estrapolare quella originaria e più vera. Il piano di Saul che, pur con metodi discutibili e scavalcando le alte sfere, ha intessuto una serie di azioni e reazioni sottilmente legate per rilanciare il controspionaggio in Medio Oriente, pone la CIA in una situazione di possibile riscatto dopo la grande sconfitta subita. Che l'uomo ucciso alla fine dell'episodio fosse effettivamente l'attentatore poco conta (almeno per adesso), mentre in primo piano passano il doppio gioco di Javadi, la copertura di Carrie che, nonostante la sua esuberanza, ancora sembra reggere, e soprattutto il rientro in scena, prevedibile a metà episodio ma comunque ben gestito, di Brody.

La dimensione fantapolitica è sempre presente: è quella che porta Carrie a rischiare di far saltare l'operazione (parteggiamo sicuramente per Quinn), quella che vede Saul rasentare l'onnipotenza nella strategia messa in atto praticamente da solo, quella che vede l'amante di sua moglie poter entrare in casa del direttore della CIA senza troppe difficoltà (ma d'altra parte anche la famiglia di Jessica è sempre stata lasciata piuttosto libera nei movimenti). Ma va bene così. Da tempo il ritmo non era così incalzante, da tempo non si sentiva questa necessità di sapere come andrà a proseguire la storia.

Passano quindi in secondo piano le vicende di Fara alle prese con un padre poco accondiscendente nei confronti della sua professione (gli autori insistono a mostrarci il lato umano dei co-protagonisti svincolandolo dalla vicenda principale, quando invece l'ideale sarebbe fondere le due situazioni), e la gravidanza di Claire (il padre è probabilmente Brody, ma non è esattamente la svolta più interessante al momento).

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