Homeland 3x06 "Still Positive": la recensione
Arrivati a metà stagione, Homeland inizia a riprendersi
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Carrie è finalmente riuscita ad entrare in contatto con il misterioso e inafferrabile Javadi. Come la serie ci ha abituato fin dalla rappresentazione di Abu Nazir, conoscere un personaggio a lungo atteso e sul quale si è costruita una certa aspettativa, significa immediatamente ridimensionarlo, ridurlo al semplice essere umano che è. Siamo intimoriti e in tensione, esattamente come Carrie, quando vediamo la protagonista costretta a subire la macchina della verità, ma è solo la tensione di un istante, prima che il ricercato si riveli decisamente più "concreto" di quanto la sua natura inafferabile volesse farci credere. Che poi la copertura e il falso tradimento di Carrie, sulla quale si sono costruite, ricordiamo, le prime quattro puntate di quest'anno, vengano giocate così di fretta è qualcosa che si fa fatica ad accettare, idem per l'esplosione di violenza che vede Javadi uccidere a sangue freddo due persone (va bene rendere più concreto e meno sfuggente il personaggio, ma qui si supera il limite).
Inutile, poco elegante e per nulla interessante la presunta sottotrama riguardante la gravidanza di Carrie: indizi visivi che non ci dicono nulla e che hanno l'unico effetto di ricordarci (ma nemmeno ce ne sarebbe bisogno) che Brody è stato praticamente tagliato fuori. A proposito di Brody e della sua famiglia, continuano ad accumularsi i minuti dedicati al personaggio di Dana. Meno sgradevoli del solito a dire il vero: l'idea di cambiare il proprio nome non sarebbe nemmeno male come intermezzo per stemperare la tensione in un episodio, se non fosse stata preceduta da una storyline che sempre più si conferma come inutile. Sarebbe bello, infine, pensare all'addio di Dana (senza commentare il personaggio del fratello, la risoluzione non funziona affatto) alla propria famiglia come un saluto, non definitivo, ma almeno temporaneo, alla trama generale.