Homeland 3x09 "One last time": recensione

La migliore puntata della terza stagione. Ben diretta e ben interpretata: Homeland è tornato!

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Assolutamente sì. Senza girarci troppo intorno con inutili preamboli, One Last Time è di gran lunga la miglior puntata della terza stagione di Homeland. Nonostante una "vittoria facile" nel rappresentare il vero ritorno di Brody in scena, nel completare il cambio di rotta di una serie che quest'anno ha sacrificato la propria anima spionistica alla dimensione drammatica e che ora inizia a fare il contrario, e nonostante il cedimento, soprattutto nel finale, ad una serie di ingenuità narrative, non si può non sottolinearne il ritmo, la tensione, il semplice interesse che suscita. Dopo un'interminabile prima parte di stagione, in appena due episodi la serie è ritornata alla modalità di scrittura che ne aveva fatto la fortuna nella prima parte della seconda stagione, quando ogni puntata spostava ancora e ancora il baricentro della serie.

E, sconvolgimenti a parte, per affrontare l'ultimo segmento di questa annata dalle due facce si è scelto, giustamente, di puntare sulla figura che con la propria doppiezza ha sempre rappresentato il volto principale della serie. L'ultima parte del piano di Saul viene finalmente svelata, è l'ultimo pezzo del mosaico che va al suo posto, ma che ancora non ci permette di vedere la figura completa. L'onnipotenza e onniscenza del personaggio, unitamente al predisporre un piano così ricco d'incognite e così a lungo termine, mettono a dura prova la verosimiglianza del tutto, ma si tratta di forzature non nuove per una serie che in più di un momento ha spostato l'asticella del suo genere dallo spionaggio puro – come invece è The Americans – alla fantapolitica. Il terribile, ed evidentemente "storico", attentato alla CIA ha di fatto spostato la narrazione su un piano diverso a quello in cui viviamo noi, e da quel momento l'assoluta verosimiglianza non è più stata un requisito fondamentale.

Ecco quindi che la nuova scacchiera della politica internazionale, in particolare con riguardo ai rapporti tra States ed Iran, assume una nuova veste, con Javadi e ora Brody piazzati in posizioni strategiche per favorire il dialogo e placare le tensioni nel Medio Oriente. Sulla riuscita del piano di Saul ci diranno di più le prossime settimane. Per ora l'episodio preferisce focalizzarsi sul personaggio di Brody, apparso per la terza volta in questa stagione e per la seconda volta protagonista di un episodio. Probabilmente il termine doppiezza non vale più per un personaggio costruito, distrutto e ricostruito così tante volte. C'è poco da dire sul veloce e teso montaggio che mostra la sua riabilitazione. Damian Lewis è davvero bravo, la scelta di alternare le scene di disintossicazione con quelle delle cure di Abu Nazir funziona molto bene, ed è quasi simbolica nel rappresentare l'annullamento dell'individuo e il suo piegarsi alle logiche del potere che rappresenta.

Saul è come sempre un gran personaggio: ci piace perché non ha l'incoerenza di Brody e la pazzia di Carrie – che anche in questo episodio non ne combina una giusta – e perché, nonostante sia in fondo spietato e pronto a mentire, quando non a sacrificare i suoi sottoposti, la sua condotta viene sempre giustificata dalle circostanze e dai risultati. Carrie si lamenta di essere tenuta all'oscuro delle sue manovre, chiede maggiore fiducia. Eppure nello scorso episodio ha rischiato inutilmente la propria vita, e quella del suo bambino, e in questa puntata, rischiando di mandare a monte tutto, preleva Brody e lo accompagna da Dana. Casualmente il motel in cui alloggia la ragazza si trova a circa un'ora dal centro di riabilitazione di Brody, ma né queste piccole ingenuità, né il personaggio della figlia in sé, né il fatto che Brody si sia dimenticato di avere una moglie e un figlio (in quest'ultimo caso è abbastanza comprensibile, visto che anche gli autori se ne sono dimenticati), riescono a smorzare la carica di un ottimo episodio, ben scritto, ben diretto, ben interpretato, e che soprattutto ci permette di dire: Homeland è tornato. Speriamo che resti.

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