Holler, la recensione | TIFF 20

La recensione di Holler, film diretto da Nicole Riegel con protagonista Jessica Barden, presentato al Toronto Film Festival 2020

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La regista Nicole Riegel compie il suo esordio alla regia di un lungometraggio con Holler, progetto sviluppato partendo dall'omonimo corto di cui è stata autrice nel 2016, e firma un'opera prima emozionante, presentata al Toronto Film Festival, sostenuta dall'ottima interpretazione della giovane Jessica Barden, già impostasi all'attenzione degli spettatori grazie alla serie Netflix The End of the F***ing World.

La teenager Ruth Avery vive in un'area in crisi economica dell'Ohio, tra fabbriche che stanno chiudendo e attività in difficoltà, facendo inoltre i conti con una realtà famigliare davvero complicata. La sua unica speranza concreta di ottenere un futuro migliore è legata a un'inaspettata ammissione al college che la obbliga a lavorare e seguire il fratello in un'attività pericolosa come quella di rubare dalle industrie abbandonate di notte. La teenager dovrà quindi capire come gestire le due dimensioni in cui vive, venendo obbligata a prendere delle decisioni importanti che la potrebbero allontanare definitivamente dalla sua famiglia.

La regista porta davanti all'obiettivo la vita degli operai e di una classe sociale in costante difficoltà tramite il racconto di una teenager che sta vivendo il difficile passaggio dall'adolescenza all'età adulta in una realtà assolutamente atipica e dura, emotivamente e fisicamente.

Jessica Barden dimostra nuovamente tutta la sua bravura nel creare personaggi dall'interiorità ricca di sfumature e profondità e riesce, anche con un solo sguardo, a interpretare le emozioni contrastanti di Ruth, spaziando dall'estrema gioia e libertà alla pressione mentale legata a dinamiche familiari ed economiche di cui è una vittima innocente. Dalla ricerca dei fondi necessari a pagarsi l'università alla voglia di spensieratezza che dovrebbe contraddistinguere la sua quotidianità da teenager, l'attrice segue tutti gli alti e i bassi della protagonista in modo estremamente naturale e senza mai esagerare nei toni e nelle espressioni, mantenendo un'apparente riservatezza e durezza, che nascondono una grande vulnerabilità, assolutamente perfette per la parte che le è stata affidata.
Nicole Riegel trova un efficace equilibrio tra la rappresentazione della comunità, costruita anche grazie al coinvolgimento di attori non professionisti, e la dimensione personale dei protagonisti che viene tratteggiata lasciando degli elementi volutamente in sospeso, scegliendo così di non dire troppo focalizzandosi invece su una figura che ben racchiude tutta la mancanza di speranza e la malinconia che contraddistinguono la giovane Ruth, alla costante ricerca di una possibilità per ritagliarsi il proprio posto nel mondo.

Accanto a Barden brilla, nel ruolo della madre Rhonda, la sempre convincente Pamela Adlon che, nonostante uno spazio molto limitato, regala dei momenti di grande intensità, coadiuvata da una sceneggiatura intelligente che non scivola nell'errore di proporre scene costruite con il preciso intento di suscitare la reazione emotiva degli spettatori.

Nel cast, per la gioia degli appassionati di serie tv, ci sono anche Austin Amelio (The Walking Dead) e Gus Halper (Dickinson), con dei personaggi per fortuna abbastanza lontani dagli stereotipi.
Holler sfrutta inoltre molto bene una colonna sonora davvero convincente e suggestiva, sostenuta anche dalle musiche originali di Gene Back, e la fotografia di Dustin Lane che contribuisce in modo efficace a creare un senso di oppressione e claustrofobia. che ben rappresentano l'interiorità di Ruth, e a valorizzare la luminosità dei momenti di speranza.

Nicole Riegel sa gestire senza sbavature la sua sceneggiatura e il mondo che ha creato per il grande schermo e firma un esordio davvero promettente e che le permette di inserirsi senza difficoltà tra i nomi degli artisti da tenere sotto osservazione nei prossimi anni.

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