Hocus Pocus 2, la recensione

Le sorelle Sanderson sono tornate. Di nuovo. Stavolta però ci sono altrettante ragazze a combatterle e ad opporsi al patriarcato

Critico e giornalista cinematografico


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La recensione di Hocus Pocus 2, il film di Anne Fletcher che prosegue la storia dell'originale del 1993, disponibile su Disney+ dal 30 settembre

È di nuovo Halloween a Salem e di nuovo le tre sorelle Sanderson sono tornate dal passato (cioè dal 1993 più che dal 1700) per una notte in cui provare a ritornare giovani o quantomeno a non evaporare con l’arrivo dell’alba. Che un po’ è quello che per certi versi provano a fare Bette Midler, Sarah Jessica Parker e Kathy Najimy, tornare giovani (in un certo senso) per non evaporare via da Hollywood, rimettendo in piedi un vecchio piano proprio come le loro streghe. Il cinema dei remake, dei sequel e dei ritorni di proprietà intellettuali di successo anni dopo se non decenni dopo è molto spesso il racconto della stessa vita degli attori e attrici che ne sono stati parte. Così Hocus Pocus 2, cerca di rimettere in circolo qualcosa che non ha più molto senso, quel camp colorato da inizio anni ‘90 in cui Bette Midler aveva trovato successo, quel modo di fare film della Disney e quell’idea di cinema musicale, trovandogli come può un abito adatto ai tempi.

Hocus Pocus 2 inizia con il consueto prologo che (non perdetevi proprio ora) è un prequel del prologo del film precedente. Cioè sono le tre streghe da ragazze, quando diventano streghe, perché già ostracizzate da una comunità che vede minacce ovunque specialmente nelle donne che non si conformano alla società degli uomini. Nei 30 anni passati dal primo film infatti (ma soprattutto negli ultimi 10) le streghe hanno cambiato ruolo nell’immaginario collettivo e sono diventate una delle maniere in cui si racconta la resistenza femminile al patriarcato (addirittura lo sono state anche in Italia con Luna nera!). Le streghe sono comunità di donne libere che non vogliono sottostare alle regole e che vengono perseguite per questo. Ora per unire la vecchia idea di strega di Hocus Pocus con questa più moderna il film lavora di martellate e i segni si vedono tutti. 

Quindi non solo c’è un prologo in cui le tre streghe sono vittime ma quando poi nel presente devono avere il loro ruolo comico di villain da operetta, gli viene opposto un trio di ragazze (e non più una coppia a trazione maschile con sorellina al seguito) che esse stesse somigliano ad un trio di streghe, forti, indipendenti e con una propria agenda. Inoltre, nonostante lo scontro sia come sempre “giovani vs. le Sanderson nella notte di Halloween”, un nuovo nemico comune è individuato nella comunità, incarnata dal grande Tony Hale, presente sia nella parte nel passato che in quella del presente. Giusto perché nessuno sì lasci sfuggire che quel sistema patriarcale non è mai morto. Ma siamo ai minimi termini davvero. Il che non allontana questo film dal pessimo originale (che tuttavia aveva la grazia di un target basso e zero pretese) e se qualcosa la dice è sulla scarsa comprensione del contesto di chi l’ha realizzato.

A dare una spallata al tempo moderno infine è anche una parte musicale un po’ più allargata rispetto all’originale, con canzoni rifatte e qualche coreografia più elaborata (ma è tutta musica che parla ad un pubblico non proprio giovanissimo). Espedienti di maquillage, nulla di veramente serio. Anne Fletcher non ha realmente creato una nuova dimensione alla storia, e Jen D’Angelo in sceneggiatura non ha saputo ideare un intreccio che dia sufficienti colpi di metacinema per avere un po’ di appeal al di là dell’intreccio. Il problema è proprio che Hocus Pocus 2 davvero crede all’operazione. Seriamente! Non c’è nessuna forma di ironia o consapevolezza del kitsch del primo film e di quanto l’esigenza commerciale di riportare quel brand oggi sia assurda. Ci crede. Cosa che sarebbe quasi stimabile se poi il risultato non fosse quello che è.

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