Hiyama Kentaro è incinto: la recensione

Hiyama Kentaro è incinto è una melensa favoletta figlia della crisi demografica giapponese, che sacrifica la storia sull’altare della sua stessa agenda

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Hiyama Kentaro è incinto, la recensione della serie disponibile su Netflix

Cosa succederebbe se da un momento all’altro e senza una ragione precisa anche gli uomini cominciassero a rimanere incinti, e si dovessero quindi confrontare con tutti i problemi, gli imprevisti, i dubbi e i dolori che, per nove mesi e oltre, solitamente spettano alle donne? Lo spunto da cui parte Hiyama Kentaro è incinto, prodotta da TV Tokyo, distribuita da Netflix e tratta dall’omonimo manga di Eri Sakai, potrebbe far pensare a una serie femminista e che riflette, nel modo più estremo possibile, sui tradizionali ruoli di genere in un Paese nel quale questi stessi ruoli sono ancora profondamente radicati nella cultura e quindi nella società. Non fatevi ingannare, però: per quanto la serie affronti qui e là questi discorsi, il vero cuore della faccenda è tutt’altro – e cioè che Hiyama Kentaro è una serie pro-life.

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L’ultima affermazione è una mezza provocazione, ma non c’è dubbio che Hiyama Kentaro è incinto sia figlia, più che della voglia di scardinare il patriarcato giapponese dall’interno, della tremenda crisi demografica che sta vivendo quel Paese, uno dei più vecchi del mondo e nel quale da qualche anno non nascono più bambini, o almeno non abbastanza da sostituire le persone perse per anzianità. La denatalità in Giappone è un problema strutturale le cui conseguenze a lungo termine sono ancora in parte imprevedibili ma con ogni probabilità catastrofiche – è normale che, soprattutto nelle generazioni più giovani, questo fatto sia causa di angoscia esistenziale, e sia al centro di molte discussioni.

Hiyama Kentaro è incinto ma senza Hiyama

La trama di Hiyama Kentaro è incinto

Hiyama Kentaro è incinto prova a inserirsi in queste discussioni con la delicatezza di un martello pneumatico. La storia è quella di un pubblicitario di successo, con tanti soldi, tante donne ma niente amore e niente famiglia (il padre, figura tragicomica che apparirà e sparirà un po’ a caso nel corso degli 8 episodi della serie, l’ha abbandonato quando era appena nato, lasciandolo solo con la madre); e della sua non-ragazza, l’unica del suo harem che abbia un lavoro qualificato, una carriera, degli obiettivi e pochissimo tempo da dedicare a qualsiasi cosa che non siano occasionali incontri di sesso e chiacchiere. Lui, l’Hiyama Kentaro del titolo, scopre un giorno di essere incinto; lei, Aki Seto, deve decidere cosa fare con questo bambino che è anche suo, e in particolare come comportarsi con una clamorosa offerta di lavoro che la porterebbe a passare i primi due anni di vita del pupo a Singapore.

Per la maggior parte del suo tempo, soprattutto nei primi episodi, Hiyama Kentaro è incinto è una celebrazione costante del miracolo della vita. Certo, il corpo di Hiyama sta cambiando e lo mette a disagio, e la sua prima tentazione è quella di abortire; ma come si fa ad abortire in un Paese nel quale ogni nuovo nato è prezioso? Basta un incontro fortuito e una chiacchierata davanti a una birra per far cambiare ide a Hiyama, e da lì in avanti la serie fa di tutto per provare a convincere chi guarda che sì, avere un figlio è un po’ una scocciatura ogni tanto, ma in generale non vi preoccupate, potrete continuare ad avere una carriera di successo e una vita sociale ricca, fidatevi, non è tragica come ve la dipingono! In fondo, come dice lo stesso Hiyama, in caso di necessità basta assumere una babysitter.

KentaroUna serie troppo interessata a trasmettere un messaggio

C’è chiaramente un problema di classe dietro a tutta la vicenda, che dovrebbe risuonare universale, un invito a tenersi stretti i figli e la famiglia in ogni situazione e nonostante tutto, ma che funziona solo perché i due protagonisti sono, ciascuno a modo proprio, dei privilegiati. C’è anche un grosso problema di giudizi sommari emessi contro chi al contrario continua a preferire la carriera alla prole: Hiyama Kentaro è incinto è una serie in cui se hai figliato sei automaticamente meglio del tuo collega che non l’ha ancora fatto, e probabilmente non lo farà mai e morirà triste e solo perché pensa troppo al lavoro e non abbastanza al miracolo della creazione di una nuova vita.

Ma c’è soprattutto un problema di modi. I messaggi lanciati andrebbero anche bene, anche se non si è d’accordo con il contenuto, perché non ha senso criticare un’opera perché dice cose diverse da quelle che pensiamo. Ma Hiyama Kentaro è incinto è talmente interessata a trasmettere questi messaggi sul loro altare sacrifica la storia, il ritmo, i colpi di scena, tutto l’impianto drammaturgico e i trucchetti narrativi che rendono interessante una storia. È una serie nella quale la gente non parla: declama ad alta voce le proprie epifanie, spesso con formule talmente ritrite e prosaiche che sembrano uscite da un bacio Perugina (“Gli imprevisti capitano a tutti ma è il modo in cui reagisci che definisce che persona sei”, oppure “Ora che sono incinto sto diventando una persona più matura e adulta e questo mi aiuterà anche sul lavoro rendendomi un professionista migliore”, detto a una collega). È un peccato perché il primo episodio e mezzo mostrava qui e là sprazzi di ironia e brillantezza, e poteva far sperare in una serie sì moralista, ma almeno vivace. E invece Hiyama Kentaro è incinto ha il brio di una betoniera, e si risolleva solo occasionalmente quando smette di celebrare il miracolo della vita e prova a ragionare di femminismo e ruoli di genere (dicendo peraltro cose che sono già state dette da altri, altrove e meglio). Guardatelo solo se volete conferme del fatto che avete fatto bene ad avere figli.

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