Hijack, la recensione

Seppur tra alti e bassi, Hijack trova la sua quadra nel carisma di Idris Elba e in un ritmo così intenso da farne perdonare le incongruenze

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La recensione di Hijack, la serie con Idris Elba disponibile su Apple TV+

Che traversata emozionante e turbolenta, quella di Hijack. A dimostrazione della sempiterna validità di certe situazioni (persone diverse costrette a coesistere in un piccolo spazio a causa di uno stato di pericolo letale), la miniserie ideata da George Kay (Criminal) e Jim Field Smith è una montagna russa di emozioni dal ritmo incalzante, sostenuta da performance così impattanti da far superare qualsiasi perplessità.

In effetti, qualche dubbio potrebbe sorgere già alla fine del primo episodio della miniserie britannica. Davvero Sam Nelson (Idris Elba) sarà in grado, da solo, di ricondurre alla ragione terroristi e passeggeri in un microcosmo in preda a un caos potenzialmente esplosivo? A scanso di equivoci, lo diciamo subito: Elba è la vera colonna portante di Hijack; determinato, empatico e cauto al tempo stesso, l'attore britannico contribuisce col suo innegabile carisma a garantire una tridimensionalità narrativa che prescinde dal thriller. Per nostra fortuna, le virtù della serie non si fermano a lui.

Terra e aria

Ma di cosa tratta Hijack? Facciamo un passo indietro, prima del decollo: Sam Nelson sale a bordo di un aereo che sta per intraprendere un volo di sette ore da Dubai a Londra; dopo pochi minuti, un gruppo di dirottatori prende il controllo del velivolo, minacciando un assistente di volo e ottenendo l'accesso alla cabina di pilotaggio. Non si sa dove vogliano dirigersi, né perché; il nostro eroe, esperto negoziatore, sembra l'unico a mantenere una certa lucidità, a dispetto dei grattacapi familiari verso cui si stava muovendo.

A terra, intanto, qualcuno inizia a sospettare che qualcosa tra le nuvole stia andando storto, nonostante le forzate rassicurazioni da parte dell'equipaggio. Un messaggio inviato di nascosto da Sam alla ex moglie innesca una serie di indagini che traferisce la tensione, dal piano celeste, anche su quello terreno. Le scene si alternano tra lassù e quaggiù, consentendo di trarre ogni tanto un sospiro di sollievo rispetto all'ansia imperante sull'aereo. Tuttavia, la serie tocca i suoi picchi migliori proprio nel raccontare il continuo senso di pericolo e il senso di imminente catastrofe a bordo del velivolo. Conscia dei propri punti di forza, Hijack costella i suoi sette episodi di colpi di scena e cliffhanger tanto studiati quanto efficaci.

Turbolenze ad alta quota

Non siamo di fronte, è bene dirlo, a un prodotto perfetto. Il contesto familiare di Sam, contraltare privo di verve alla tensione ad alta quota, non aggiunge profondità al protagonista e si limita quasi esclusivamente alla funzione di primo allarme, a terra, del dramma che sta avvenendo nei cieli. La coerenza non è sempre ferrea, specialmente per quanto concerne la reazione politica al dirottamento. In aggiunta, cosa forse più grave dei precedenti nei, i dirottatori stessi sembrano agire secondo motivazioni assai poco credibili, a schermare una cospirazione piuttosto anti-climatica.

Va però detto che ogni difetto è inserito in un tessuto denso e teso, una narrazione che mai rinuncia al ritmo o all'angoscia. Ogni volta che torniamo a bordo dell'aereo, l'atmosfera riprende quota vertiginosamente, garantendo un costante senso di claustrofobico terrore, in cui da ogni minimo gesto potrebbe dipendere l'irrimediabile disastro. Lungi dalla noia o dalle lungaggini di tanti prodotti contemporanei, Hijack trova nella forma seriale la propria quadra ideale, erede di quel 24 da cui muove i passi nella corrispondenza tra tempo narrato e tempo reale. Non c'è trucco e non c'è inganno: la tensione è sempre palpabile, l'adrenalina non conosce cali e l'aereo del divertimento, drammaticamente parlando, atterra con successo su una pista preparata con cura.

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