Highway to Hell, la recensione

Abbiamo recensito per voi il volume che raccoglie la miniserie Highway to Hell realizzata da Italian Job Studio per Panini Comics

Fumettallaro dalla nascita, ha perso i capelli ma non la voglia di leggere storie che lo emozionino.


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Lungo la Route 5, strada dell’East Coast americana che partendo dal New England giunge fino al Vermont, due agenti dell’F.B.I. seguono la scia di efferati omicidi lasciata da un presunto serial killer. Isaac Brew e Jay Mirchandani si fermeranno a Deerfield, nel Massachusetts, per l’ennesimo brutale delitto con teste mozzate e corpi sventrati. Gli indizi li condurranno presso il deposito Catherine dove faranno la conoscenza di uno strano uomo, Dusker, che se ne va in giro indossando un’armatura e sta al volante di un furgone agghindato a carrarmato e accompagnato da un’avvenente ragazza. Ben presto, però, la verità si dipanerà davanti ai loro occhi in tutta la sua devastante realtà, spingendo Brew e Mirchandani in territori sovrannaturali, in cui l’eterna lotta tra bene e male si rinnova mantenendo inalterato il suo equilibrio.

highway to hellQuesta è la trama di Highway To Hell, romanzo grafico ispirato da un racconto del tastierista dei Subsonica Davide “Boosta” Dileo intitolato Il Tramontatore, al quale si è unito il lavoro di adattamento dello sceneggiatore Victor Gischler (X-Men) e le matite della coppia Riccardo Burchielli (DMZ) e Francesco Mattina (Spider-Man 2099). Highway to Hell rappresenta la prima proprietà intellettuale sviluppata da Italian Job Studio, di cui gli artisti fanno parte insieme a Diego Malara (editor Panini) e ai disegnatori Giuseppe Camuncoli e Stefano Caselli. Inizialmente i capitoli della miniserie sono stati serializzati con periodicità mensile; in seguito Panini Comics ha deciso di riproporla in un unico volume cartonato “gommato”, veste editoriale che tanti ottimi riscontri sta raccogliendo.

Senza troppi giri di parole possiamo affermare che Highway to Hell rappresenta un tentativo di spingere il fumetto italiano oltreoceano (Dark Horse, infatti, lo riproporrà con il titolo di Hellbound). Per riuscire in questo, Italian Job ha puntato forte su atmosfere tipiche della narrativa americana: dall’ambientazione - la leggendaria Route 5 e tutto il carico di mistero e occulto che quel tipo di scenario porta con sé - ai protagonisti, senza tralasciare tavole calde, capanni che nascondono laboratori di metanfetamina e tanti altri caratteristici elementi derivati da letteratura, cinema e serie televisive.

Nonostante il coinvolgimento di un rodato scrittore statunitense, il ventaglio di personaggi presentati non riesce però a emergere dagli stereotipi di genere, con Brew a giocare il ruolo dell’agente gretto e alcolizzato e Mirchandani quello del collega calmo e risolutivo; una coppia troppo simile a Rustin "Rust" Cohle e Martin "Marty" Hart di True Detective, ma anche a tante altre apparse sul grande (e piccolo) schermo. Tutti sembrano recitare un copione già visto e ad aggravare ulteriormente la situazione concorrono dei dialoghi decisamente poco ispirati, infarciti ogni due per tre di espressioni dure, eccessive, decisamente fuori luogo e sopra le righe.

Quello che non manca a questo poliziesco orrorifico dalle tinte thriller è il ritmo. Ed è un bene. La narrazione, infatti, scorre veloce, come una corsa spericolata sulla Route 5, senza eccessivi cali di tensione, ma sempre accattivante e avvincente. Quest’aspetto, unito a uno sviluppo lineare, e anche un po’ banale, della trama (troppo poco il twist narrativo che trasforma il cattivo in buono e offre la scena a quel caravanserraglio di entità malvagie che entreranno in azione), se da un lato permette di non creare ulteriori buchi o errori in fase di sceneggiatura rendendo godibile l'opera nel complesso, allo stesso tempo limita (volutamente?) un lavoro di approfondimento e caratterizzazione dei protagonisti, bloccando il loro sviluppo a tòpoi fin troppo abusati.

Highway to Hell CoverA elevare in maniera forte e decisa il livello qualitativo di questo Highway to Hell ci pensa l’arte di Riccardo Burchielli e Francesco Mattina. Il primo, con il suo stile grafico riesce a conferire dinamismo ed espressività alle tavole facendo così emergere la vera natura dei protagonisti meglio degli stanchi e artefatti dialoghi. Sia nelle fasi più concitate dello scontro che nei momenti di calma apparente, Burchielli non perde mai la pulizia del suo tratto, adattandolo anche ai momenti più splatter o gore della trama. La cura nei dettagli, l’attento studio in fase preparatoria che ha conferito credibilità (quella che manca alla sceneggiatura) alle ambientazioni e l’uso del chiaroscuro sono aspetti che donano un taglio internazionale al lavoro dell’artista nostrano.

Atmosfere oniriche, invece, sono quelle che caratterizzano i flashback realizzati da Mattina. Il contrasto è evidente, visto anche lo stile realistico dell’artista, che permette di rallentare il ritmo della narrazione e regalarci attimi di intensa paura. Il tutto valorizzato dall’attento lavoro ai colori di Luca Saponti, abile nel non essere mai invasivo con le sue tinte e nel cambiare registro - e tavolozza - adeguandolo allo storytelling.

Highway to Hell resta un prodotto che trova la sua forza principale nella capacità di intrattenere, di tenere incollato il lettore dalla prima all’ultima pagina e di poter contare su una componente grafica superba. Scendendo più a fondo, emergono gli evidenti problemi di scrittura, troppo schiava di un mondo e una narrativa che non sono i nostri. Rimarcando questi limiti e reputando questo romanzo grafico un buon prodotto, non possiamo non domandarci perché, per approdare al mercato a stelle e strisce, risulti necessario utilizzare cifre stilistiche che non appartengono al nostro background culturale e artistico. I presupposti per crescere ci sono tutti, visti i nomi coinvolti: bisogna solo osare.

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