High Flying Bird, la recensione
Un procuratore di giocatori dell'NBA decide di sbloccare lo sciopero dei giocatori con una mossa audace. High Flying Bird è il sogno di Soderbergh di svincolarsi dagli studi di produzione
Questo film di Soderbergh girato con un iPhone (come Unsane) e ambientato durante uno sciopero dei giocatori (accade raramente ma accade), mette un procuratore nello scomodo ruolo di far finire questo sciopero il prima possibile per poter tornare a guadagnare (è già sei mesi che va avanti e i soldi stanno finendo) senza che nessuno si accorga che lo sta facendo, altrimenti perderebbe clienti. Nel farlo di fatto svela le dinamiche di sfruttamento del talento, della creatività e dei giocatori da parte dell’industria.
Nel film sarà una partitella tra uno dei talenti più importanti del procuratore protagonista e il suo rivale (un 1 contro 1 classico da strada in un momento in cui tutti sono assetati di sport) ad animare un giro di video sui social e preoccupare gli executive spingendoli a porre fine allo sciopero, terrorizzati all’idea che questo sport davvero si svincoli da loro. Non sapremo nemmeno come andrà a finire quell’1 contro 1, perché non importa la trama di questo film, importa quel che dice esistendo. Importano le discussioni con i capi, gli uffici vuoti e gelidi, i campi dimenticati. Ed è una vita che Soderbergh sogna una partita come quella, indipendente, fuori dalle solite strutture e capace di scuotere il sistema dalle fondamenta.
In ogni fotogramma Soderbergh è più che altro interessato ad illuminare gli ambienti (è anche direttore della fotografia come spesso capita con i progetti indipendenti), a curare gli sfondi e a giocare con le sue tonalità monocromatiche o con le sue superfici riflettenti, insomma a dare personalità a questa estetica low budget ipersofisticata (spesso degli attori vediamo solo le silhouette nere perché illuminato è lo sfondo). In questi posti che sembrano respingere le persone, che non appartengono mai a nessuno anche quando gli appartengono, dei non-luoghi di transizione anche quando sono case, non si fa che parlare, trattare, mentire e svelare il (rag)giro d’affari.
Difficile divertirsi se si segue la trama pedissequamente (i dialoghi non sono certo il massimo della sagacia e i personaggi stanno lì ad incarnare archetipi, come accade a Bill Duke), più facile farlo se si segue il sogno di Soderbergh di svincolarsi da qualunque sovrastruttura.