He’s All That, la recensione

Pur nascondendosi dietro la perfezione estetica, He’s All That finge di dare risposte senza problematizzare affatto ciò che raccontando. Un ingenuo tentativo di essere moderno senza nessuno sforzo.

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He’s All That, la recensione

Remake aggiornato ai nostri tempi e dispositivi di She’s All That (in italia arrivato come Kiss me, del 1999), dove un ragazzo popolare scommettteva di poter trasformare la loser della scuola in una ragazza immagine - salvo poi innamorarsene -, He’s All That di Mark Watersinverte quei rapporti di potere ribaltando le posizioni dominanti, proponendo invece la storia di come l’influencer Padgett (Addison Rae) si innamora del suo esperimento sociale e ora anche social Cameron (Tanner Buchanan). Pur nascondendosi dietro la perfezione estetica, He’s All That finge di dare risposte senza problematizzare affatto ciò che raccontando, risultando in fin dei conti come un ingenuo tentativo di essere moderno e intelligente senza nessuno sforzo.

Padgett infatti, dopo aver perso i suoi follower e la sponsorizzazione su TikTok a causa di una diretta in cui scopre live il tradimento del suo ragazzo (anche lui un influencer belloccio), scommette con la sua amica Alden di poter riacquisire popolarità facendo diventare re del ballo scolastico l’introverso (e un po’ emo, secondo gli stereotipi del teen drama) Cameron. Ma Cameron è molto più interessante di quello che sembra e da quando cominceranno a conoscersi i due scopriranno un’autenticità e una naturalezza che entrambi avevano perso: lei da quando è diventata influencer, lui da quando ha perso la madre.

Il dilemma tra autentico e socialmente costruito è però dietro l’angolo: questa contrapposizione classica del film adolescenziale, dove tutto si riduce alla scelta tra l’essere veri e un po’ sfigati - ma felici - o costruiti e popolari - ma falsi e infelici, e quindi ammonibili - prescinde qui paradossalmente dal linguaggio social. O meglio, la contrapposizione vive visivamente di quel linguaggio, con inserti animati che simulano live e reactions, e insieme nella narrazione è un fattore determinante (i punti cardine della storia hanno a che fare con i problemi derivati da video o dirette) ma He’s all that pur godendo di una grande fluidità narrativa fatica a comunicare un messaggio univoco.

Se infatti vi è una chiara glorificazione dell’ideale dell’autenticità, tale idea è offuscata dal reiterarsi di dinamiche di finzione mediale a cui la protagonista Padgett non riesce e non può rinunciare fino alla fine. In questo senso He’s All That risuona un po’ come una pericolosa presa in giro: sì, bisogna essere autentici, ma cosa vuol dire? Se la contrapposizione è chiarissima fin dalla costruzione dei personaggi - Cameron non ha uno smartphone e fa foto solo in pellicola, l’antitesi in tutti i sensi dell’immediatezza, mentre Pudgett vive di condivisioni live e social media - He’s All That forse per paura, forse per mancanza di idee, nel risolvere passo per passo come da manuale la storia d’amore si dimentica di riflettere sul resto. No, non è abbastanza per essere moderni.

Cosa ne dite della nostra recensione di He's All That? Scrivetelo nei commenti!

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