He’s All That, la recensione
Pur nascondendosi dietro la perfezione estetica, He’s All That finge di dare risposte senza problematizzare affatto ciò che raccontando. Un ingenuo tentativo di essere moderno senza nessuno sforzo.
Remake aggiornato ai nostri tempi e dispositivi di She’s All That (in italia arrivato come Kiss me, del 1999), dove un ragazzo popolare scommettteva di poter trasformare la loser della scuola in una ragazza immagine - salvo poi innamorarsene -, He’s All That di Mark Watersinverte quei rapporti di potere ribaltando le posizioni dominanti, proponendo invece la storia di come l’influencer Padgett (Addison Rae) si innamora del suo esperimento sociale e ora anche social Cameron (Tanner Buchanan). Pur nascondendosi dietro la perfezione estetica, He’s All That finge di dare risposte senza problematizzare affatto ciò che raccontando, risultando in fin dei conti come un ingenuo tentativo di essere moderno e intelligente senza nessuno sforzo.
Il dilemma tra autentico e socialmente costruito è però dietro l’angolo: questa contrapposizione classica del film adolescenziale, dove tutto si riduce alla scelta tra l’essere veri e un po’ sfigati - ma felici - o costruiti e popolari - ma falsi e infelici, e quindi ammonibili - prescinde qui paradossalmente dal linguaggio social. O meglio, la contrapposizione vive visivamente di quel linguaggio, con inserti animati che simulano live e reactions, e insieme nella narrazione è un fattore determinante (i punti cardine della storia hanno a che fare con i problemi derivati da video o dirette) ma He’s all that pur godendo di una grande fluidità narrativa fatica a comunicare un messaggio univoco.
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