Heroes Reborn: la recensione

Confuso, superficiale, insalvabile: questo è stato Heroes Reborn, il ritorno fallimentare della serie di Tim Kring sulla NBC

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Spoiler Alert
Tra nostalgia e ambiente favorevole, la sfida di Tim Kring sulla NBC a prima vista non sembrava tra le più insidiose. Lo zoccolo duro dei fan di Heroes sarebbe tornato volentieri a quella creazione televisiva che tanti anni prima si era imposta favorevolmente – nonostante il livello mai eccelso, anzi – come uno degli epigoni di Lost più apprezzati. E il risveglio dei supereroi, che nel frattempo si sono imposti come genere dominante degli ultimi 15 anni di cinema, avrebbe fatto la sua parte.  Il resto è storia, una storia che avrebbe potuto essere ma non è stata. Confuso, superficiale, privo di cura e amore per se stesso, un disastro televisivo insalvabile, questo – e purtroppo molto di più – è stato Heroes Reborn.

Appoggiandosi in piccole dosi sulle apparizioni di alcuni membri del cast storico, la nuova incarnazione dello show ha raccontato la sua vicenda soprattutto tramite le new entry. Come è noto, tutto avviene all'ombra del disastroso incidente di Odessa, che ha presentato al mondo gli EVO come una minaccia dalla quale difendersi. Le armi del controllo e della segregazione tuttavia sono solo lo scudo di cui si serve la crudele Renautas in vista di un pericolo imminente infinitamente più minaccioso. Ecco quindi incrociarsi di volta in volta i percorsi dei vari Tommy, Miko, Luke, Carlos, pedine inconsapevoli in un gioco molto più grande di loro nel quale alcuni dovranno presto decidere a chi credere, Noah o Hiro, e da chi diffidare, Erica.

C'è molto per cui biasimare Heroes Reborn, ma su tutto emerge un infantilismo di fondo su cui si basa l'approccio alla storia. Una scrittura che percepisce quasi per intuizione il valore drammatico di una soluzione generica, e lo applica meccanicamente, senza ragionarci sopra, senza preparazione né contesto, contando solo sul suo valore drammatico intrinseco. In tredici episodi abbiamo visto terrorismo, omicidi a catena, suicidi, genitori che piangono la morte dei figli, ma in nessun momento ci siamo sentiti minimamente investiti dalla gravità o pesantezza di un evento. Heroes Reborn non nasconde nulla, e tra esplosioni, urla, gesti clamorosi getta tutto quello che ha, e che non ha, sul piatto. Ogni movimento è sgraziato e ogni svolta è insapore e incolore.

Non c'è nulla che avvenga per cognizione di causa, le caratterizzazioni discendono sempre e solo da necessità di scrittura. Un personaggio dovrà tradire perché in quel momento è necessario così, un altro sarà cattivo per riequilibrare le forze in campo, gli stessi pericoli arrivano in funzione di una soluzione già pensata dagli autori. È il gioco della scrittura che la serie non riesce mai a celare. Emblematica la scelta della minaccia finale, con le due ondate di eruzioni solari che si stanno per abbattere sul pianeta. Perché proprio questo numero? Così i due fratelli Tommy/Nathan e Malina potranno concentrarsi, come è ovvio, sulla seconda, mentre Luke si sacrificherà (con modalità incomprensibili, tra voli improvvisi, onde energetiche, una rappresentazione visiva poverissima) per annullare la prima.

Ed è un approccio ancora più imperdonabile nel momento in cui lo si applica ad una miniserie che avrebbe dovuto rispondere solo a se stessa, programmando a breve termine. Contraddizioni, confusione e punti morti non mancano. La scelta di inserire nella storia i due figli di Claire – trovando al tempo stesso una buona soluzione per la sua morte – poteva avere un senso, ma è calata dal nulla e non accenna al padre (la sua identità viene rivelata solo nell'universo espanso) se non in un finale aperto che non serve a nessuno. Mentre i nostri pensieri sono con il povero Matt Parkman, intrappolato chissà dove a urlare, ci chiediamo a cosa esattamente in fondo siano serviti tutti i minuti spesi su Carlos, Farah e Jose.

La produzione si è vincolata a limiti da se stessa creati e forse non compresi fino in fondo, come gli incredibili poteri di Tommy, che nel finale per prendere una scelta sfrutta una nuova abilità in fondo non necessaria. L'illusione che più quantità significhi più qualità, che un calderone di ingredienti e svolte sulla carta interessanti (minacce, tradimenti, supereroi, videogiochi, viaggi nel tempo, una visione globale) trovino automaticamente un loro collante una volta messe insieme. Così non è stato.

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