Hereafter - La recensione

Tre persone diverse si trovano ad affrontare la morte e i fenomeni paranormali, in esperienze che cambieranno le loro vite. Ennesimo film eclettico per il grande Clint Eastwood, che qui però non centra il bersaglio...

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Recensione a cura di ColinMckenzie

Titolo Hereafter
RegiaClint Eastwood
Cast
Matt Damon, Cécile De France, Thierry Neuvic, Frankie McLaren, George McLaren, Jay MohrUscita05-01-2010La scheda del film  

Parliamoci chiaro e togliamoci subito l'imbarazzo di dirlo: se non sapessimo che Hereafter l'ha girato Clint Eastwood, questo film passerebbe pressoché inosservato. Sicuramente, si possono trovare tante cose che non funzionano nella pellicola e nelle prossime righe questo spiacevole compito (da Eastwood ti aspetti sempre grandi risultati, anche perché è uno dei pochi registi americani rimasti che consentono queste aspettative) verrà svolto. Ma, piuttosto, è da segnalare quello che manca: energia e vere emozioni, due aspetti che solitamente il veterano regista non si dimentica mai nelle sue opere.

L'idea di partenza è decisamente efficace (anche se gli effetti speciali lasciano parecchio a desiderare) e non sembra lasciare spazio all'attesa, ma entra subito nello spirito del film, anche se a gamba tesa. La prima volta passi, va bene, ma alla seconda occasione in cui si utilizzano tragedie mondiali per colpire allo stomaco lo spettatore, si sta esagerando. O meglio, forse si riconosce implicitamente di non riuscire a coinvolgere il pubblico come si vorrebbe e quindi si gioca un po' sporco.

Va detto subito che di momenti notevoli ce ne sono diversi, quindi sarebbe impossibile (e assolutamente immeritato) massacrare Hereafter. All'inizio, per esempio, il rapporto tra i gemelli e la madre sembra uscito dai migliori film di Ken Loach, per come riesce a coniugare comicità e dramma in maniera quasi poetica. O magari la scena del cappello che scappa via, giocata peraltro benissimo con quello che avviene dopo. Ma forse il momento migliore (soprattutto per la sua ambiguità) è quando uno dei protagonisti sembra proprio mentire, ritenendo per una volta che questa sia la scelta migliore. E anche in un momento visto miliardi di volte come un funerale, c'è sicuramente il modo di mostrarlo in maniera originale, quindi complimenti al regista per esserci riuscito. 

Ma troppe cose, purtroppo, non vanno e rappresentano delle cadute di tono sorprendenti. Penso alla visione della morte, che sarebbe facile (ma non sbagliato) etichettare come new age, anche se a me ha fatto pensare a qualche brutto capitolo della saga di Harry Potter per la sua povertà visiva. O magari una scena di banale seduzione a un corso di cucina che sembra uscita da un pessimo film erotico (senza dimenticare la presenza del cuoco-insegnante, interpretato da Steve - I Soprano - Schirripa, in una prova talmente piena di stereotipi sull'Italia che solo Eastwood si può permettere di mettere in scena senza essere massacrato). E che dire della faccia di Matt Damon commosso in maniera eccessiva da una lettura? Roba da stracult.

Altre cose alternano il discreto e il mediocre, magari nello spazio di una scena. E' decisamente ammirevole che Eastwood decida che una delle tre storie venga parlata in francese, peraltro affrontando argomenti che probabilmente sono poco conosciuti dall'americano medio (Mitterrand, soprattutto). Ma poi non è possibile che dei giornalisti intelligenti parlino di prove che avrebbero dovuto essere scoperte su quello che c'è dopo la morte (e come si fa? Mistero forte...) o di un boicottaggio che non esiste verso le esperienze ai confini della morte (oggetto da almeno cinquant'anni di migliaia di libri, film, inchieste, ecc.)

Manca soprattutto, in questo racconto fin troppo meditativo, un protagonista a cui affezionarsi e amare completamente. Che distanza tra la madre drogata di questa storia e quella raffigurata da Angelina Jolie in Changeling. Ma anche, senza voler esagerare, dal personaggio di Matt Damon (un sensitivo che vede le sue doti come una condanna) in questo titolo e quello di Invictus, non certo il mio film preferito di Eastwood, ma comunque superiore a questo. Di certo, non aiutano ad apprezzare la pellicola né gli sviluppi prevedibilissimi, né un doppiaggio che si nota troppo per funzionare, come se non si riuscisse a credere alle voci che sentiamo.

Alla fine, dopo aver sperato inutilmente che la pellicola potesse essere un perfetto melodrammone paranormale come Il ritratto di Jennie, non si riesce neanche a vedere un film discreto. Insomma, di fronte al grande mistero della morte, non si poteva certo pretendere da Eastwood risposte sicure su dove si andrà. Peccato che il regista non sappia neanche quale strada far prendere al suo film...

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