Hercules - Il guerriero, la recensione

Il miglior Hercules dell'anno e forse il migliore di sempre, nonostante sia flagellato da una sceneggiatura vergognosa, racconta la supremazia della leggenda sulla storia

Critico e giornalista cinematografico


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Non ci sono argomenti banali e già trattati (tutto è stato già trattato!), ci sono solo film senza idee. L'ennesima prova di ciò è questo nuovo Hercules, il terzo solo quest'anno e il milionesimo nella storia del cinema (Francesco Alò ha raccontato i 4 fondamentali). Arriva in sala dopo l'Hercules con Kellan Lutz, brutto e cretino come nei nostri incubi peggiori, nonchè dopo quello immancabile della Asylum (superiore al bene e al male), e con un colpo di clava dimostra cosa significhi raccontare una storia nel senso più ampio della parola, una che usa le gesta dei protagonisti per affrontare la supremazia del falso sul vero, della leggenda sulla storia.Nonostante tutto, il nucleo centrale della storia e del mondo raccontato rimangono una sorpresa meritevole

Il soggetto di Hercules - Il guerriero è a dir poco fenomenale e fa venire il mal di stomaco vedere come minuto dopo minuto, dialogo dopo dialogo, il film di Brett Ratner faccia di tutto per ucciderlo e minimizzarlo con una sceneggiatura imbarazzante per qualità e banalità. Tuttavia, nonostante tutto, il nucleo centrale della storia e del mondo raccontato (quelli che vengono dal fumetto di Steve Moore) rimangono una sorpresa meritevole.

Contrariamente al solito questo Hercules vive e si agita in un mondo in cui non è mai chiaro se le divinità di cui tutti parlano, che tutti venerano e che popolano i miti esistano o meno. Come per le religioni che permeano la nostra di società credere è un atto di fede che non può godere di nessuna prova empirica, non tutti lo fanno anche se il dubbio è presente in ognuno. Lo stesso protagonista, in teoria figlio di un dio, non è certo della propria origine e dopo anni di autopromozione attraverso la perpetuazione ed enfatizzazione delle proprie gesta ha cominciato a sfumare il confine tra ciò che è vero e ciò che è falso.

L'Hercules di The Rock vive in un reame in cui la realtà diventa costantemente mito attraverso il racconto che ne viene fatto in tempo reale. Hercules promuove se stesso come figura mitica per avere un vantaggio in battaglia (spaventare i nemici con trucchi da baraccone che materializzino quella mitologia che tutti hanno sentito) e fomentare i propri uomini, lo fa per essere un eroe nella medesima maniera (anche se meno idealistica) del Batman di Christopher Nolan: crea una figura mitica che ispiri, spaventi e sia un simbolo. E questo non è il solo punto di contatto con quello che il cinema dei supereroi cerca di dire su queste figure, ad un certo punto viene anche detto che "Gli uomini violenti attirano violenza", un concetto non differente dal paradigma della comparsa del villain nel momento in cui esiste l'eroe.

Ancora più interessante è il passato del protagonista, composto da 12 fatiche che ben presto scopriamo essere 12 imprese tanto difficili quanto terrene, che di bocca in bocca sono cresciute diventando sforzi sovrumani contro bestie mostruose che nessuno ha effettivamente visto, e da un trauma che Hercules non ricorda bene e che lo costringe a vagare per il mondo, cioè l'Attica, come un reietto dopo che la propria famiglia è stata trucidata, momento che lui ricorda senza però avere memoria dell'autore del gesto e sospetta di essere stato egli stesso come tutti dicono. Vittima in primis del potere delle leggende è tempestato da terribili incubi in cui sogna animali mitologici che lo perseguitano, gli stessi mostri che di giorno inventa, come se cominciasse a crederci. Privo di un luogo cui tornare offre i servigi suoi e del suo gruppo a chi può pagare, come in un film di genere italiano anni '70.

Purtroppo come già detto questa base fenomenale è costantemente tarpata da una sceneggiatura vergognosa che mette in bocca dialoghi ridicoli, non sviluppa nessuna psicologia e riesce a rendere stupide le idee più intelligenti. Per fortuna rimane un po' d'azione diretta in maniera decente e rimane lui, Dwayne Johnson, scelta di casting impagabile, fisico perfetto per il ruolo poichè l'unico in grado di stare tra uomo e mito, l'unico plausibile sia come semidio che come un mortale incredibilmente possente. Guardandolo si materializza il dubbio che attraversa tutto il film, se la leggenda sia realtà o se sia la versione romanzata di fatti molto clamorosi o ancora se la leggenda ispiri così tanto da realtà da avvicinarla ad essa.

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