Helix: la recensione della doppia premiere

Il commento all'attesa serie di SyFy che ci racconta la diffusione di un terribile virus in una base dell'Artico

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Ronald D. Moore e SyFy significano una sola cosa: Battlestar Galactica. Ma da oggi significano anche ripartire da quell'esperienza per costruire qualcosa di nuovo e di apprezzabile. Non si può vivere in eterno all'ombra di quello che è stato fatto, e il piccolo network lo sa. Prova quindi a ripartire, non senza appoggiarsi, come è giusto, all'hype dettato dal ritorno dell'autore di una delle migliori serie di fantascienza degli ultimi anni, ma costruendo anche un prodotto nuovo. Helix, l'elica, la spirale discendente che rende l'uomo schiavo fisico e mentale di una terribile infezione sviluppatasi in un'isolata base scientifica dell'Artico. Un team di scienziati del CDC (Center of Decease Control) giungerà sul posto e si troverà di fronte ad una realtà molto più terrificante di quanto potessero immaginare.

I riferimenti si sprecano. Nella gelida terra di nessuno spazzata dalle tempeste di neve è un attimo cedere alle paure dell'isolamento, alla claustrofobia, all'illusione di essere soli al mondo, senza più bisogno di sottostare alle norme sociali del vivere civile. Il virus è quindi una metafora della degenerazione dei rapporti umani? Nel caso di Helix ancora non lo sappiamo, ma in passato lo è stato eccome. La Cosa di Carpenter, a sua volta ispirato al cult degli anni '50 La Cosa venuta da un altro mondo, ma anche Andromeda di Robert Wise. Si crea una situazione nella quale l'uomo, isolato con i propri simili, cede agli istinti peggiori e rivela il peggio di sé. La fantascienza è sempre metafora di qualcos'altro.

Helix non ci presenta nessuna tesi, ma è chiaro come, al fianco del problema del virus, ci siano anche da contrastare le normali diffidenze e problematiche che potranno sorgere nel gruppo di scienziati di fatto intrappolato nella base. Nessuno può andare via, perché il rischio di infezione è troppo alto, perché gli effetti del virus sono diversi da qualunque altra cosa che si sia mai vista. L'infezione intacca tanto gli organi interni, liquefacendoli, quanto la mente, rendendo le persone che ne sono vittime dei perfetti "vettori" per il contagio. Si è specificato come la serie non sia uno show sugli zombie, e questo doppio episodio lo ribadisce. Troppo intelligenti per essere liquidati come semplici mangiacervello, e comunque anche la stessa storia è ambientata in un momento, quello dello scoppio dell'infezione, che in genere viene dato per scontato e già affrontato nel genere.

I personaggi sono ben definiti fin dal principio. Ritroviamo Billy Campbell, che qualcuno si ricorderà come il candidato sindaco delle prime due stagioni di The Killing, nei panni dello scienziato Alan Farragut. Accanto a lui Kyra Zagorsky (nei panni della scienziata ed ex moglie di Alan Julia Walker) e la giovane Jordan Hayes (Sarah Jordan, anche lei invaghita di Alan). Questo il nucleo fondamentale degli scienziati giunti nella base. Ad essi si oppongono, idealmente e non solo, gli scienziati già presenti sul posto, come il Dottor. Hiroshi Hatake (Hiroyuki Sanada), con i loro segreti ed esperimenti misteriosi.

È difficile vedere lontano e pensare a come Helix svilupperà questa base narrativa. La prima impressione è che si debba necessariamente allentare il ritmo per non arrivare con il fiato corto alle ultime puntate. Su come poi proseguire per le eventuali prossime stagioni con un setting così ristretto e delle possibilità così limitate è davvero impossibile esprimersi, almeno adesso. L'intrattenimento funziona, e tutto sommato questa ora e venti passa senza sbadigli, ma anzi accumulando eventi, dettagli, indizi. Non male, una volta tanto, anche il doppio cliffhanger finale, che interviene modificando un paio di situazioni che credevamo sarebbero rimaste rigide almeno per un po'. Buona anche la tensione in alcune scene, come quella ambientata in un condotto d'aerazione in cui i protagonisti citano Die Hard mentre lo spettatore pensa ad un certo momento di Alien.

I personaggi non sono buttati via, magari nulla di memorabile o troppo originale al momento (certo, il triangolo amoroso con tanto di fratelli che si contendono la stessa donna è una circostanza un po' forzata, e anche la giovanissima e preparatissima dottoressa Jordan è un cliché che ci saremmo risparmiati), ma niente è troppo caricato né sul versante emotivo né su quello caratteriale. Alcuni effetti in CGI sono davvero terribili. Non per farne una colpa a SyFy, che certo non ha le possibilità della HBO, ma a quel punto dovrebbe essere la scrittura a ragionare con intelligenza e ad evitare momenti stranianti come quello in cui un topo azzanna un altro. Da sottolineare infine l'effetto grottesco dell'utilizzo delle musiche, spesso rilassanti e leggere, come nella opening, che contrastano con la brutalità delle immagini mostrate.

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