Heidi, la recensione

Ennesima trasposizione di Heidi tutta tarata su standard antiquati. Non solo la storia è fuori da qualsiasi modernità ma anche il tono paternalistico lo è

Critico e giornalista cinematografico


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Heidi, Peter, le capre, Klara e la sua sedia a rotelle, la signorina Rottenmeier e l’immancabile nonno barbuto (uno sprecatissimo Bruno Ganz, inutilmente più intenso di tutti gli altri), tutti i crismi del racconto di Johanna Spyri che diventò lungometraggio la prima volta con Shirley Temple (in italiano le cambiammo inspiegabilmente nazionalità con il titolo Zoccoletti Olandesi), tornano in versione coprodotta a colpi di film commission tra Germania e Svizzera. Heidi è costretta ad andare a vivere sui monti con il burbero nonno e lì trova la sua dimensione naturale, tuttavia viene ad un certo punto rapita per fare compagnia a, Klara, una bambina ricca di città che vive su una sedia da rotelle. Nel mondo composto e compito della metropoli (che non vedrà mai essendo costretta sempre in casa) imparerà a leggere e a sognare di scrivere favole ma finirà per stare male. Solo il ritorno tra i monti curerà il suo umore e le difficoltà motorie di Klara.

Senza inventarsi nulla la nuova trasposizione in live action di Heidi racconta nuovamente e per un pubblico diverso l’eterna storia di infanzia e natura. Proprio per questo però stupisce quanto il livello della messa in scena e il tono generale siano tarati su standard antiquati.
Heidi parla ai bambini come si soleva fare decenni fa, li guarda dall’alto verso il basso e li tratta come spettatori di serie B, meritevoli di continue spiegazioni e risate dei protagonisti che gli indichino quando ridere.

In un mondo (del cinema e della televisione) in cui i prodotti per l’infanzia sono buoni anche per gli adulti (e in alcuni casi sono i migliori tra i prodotti per adulti), un film come Heidi suona datato e attempato per la maniera in cui desideri essere ingenuo.
Impeccabile formalmente, accorto nell’inquadrare paesaggi e animali, ma anche totalmente plagiato all’ideologia naturalista come il racconto impone, Heidi depreca ogni forma di civiltà che non sia finalizzata alla fantasia e approva unicamente le imposizioni della vita montanara. Puro esotismo in tempi in cui la vita nella natura non esiste praticamente più.

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