Heidi, la recensione
Ennesima trasposizione di Heidi tutta tarata su standard antiquati. Non solo la storia è fuori da qualsiasi modernità ma anche il tono paternalistico lo è
Senza inventarsi nulla la nuova trasposizione in live action di Heidi racconta nuovamente e per un pubblico diverso l’eterna storia di infanzia e natura. Proprio per questo però stupisce quanto il livello della messa in scena e il tono generale siano tarati su standard antiquati.
Heidi parla ai bambini come si soleva fare decenni fa, li guarda dall’alto verso il basso e li tratta come spettatori di serie B, meritevoli di continue spiegazioni e risate dei protagonisti che gli indichino quando ridere.
In un mondo (del cinema e della televisione) in cui i prodotti per l’infanzia sono buoni anche per gli adulti (e in alcuni casi sono i migliori tra i prodotti per adulti), un film come Heidi suona datato e attempato per la maniera in cui desideri essere ingenuo.
Impeccabile formalmente, accorto nell’inquadrare paesaggi e animali, ma anche totalmente plagiato all’ideologia naturalista come il racconto impone, Heidi depreca ogni forma di civiltà che non sia finalizzata alla fantasia e approva unicamente le imposizioni della vita montanara. Puro esotismo in tempi in cui la vita nella natura non esiste praticamente più.