Happyish 1x01 "Starring Samuel Beckett, Albert Camus and Alois Alzheimer": la recensione

La nuova comedy di Showtime, Happyish, non diverte e non funziona

Dal 2017 sono Web Content Specialist l'area TV del network BAD. Qui sotto trovi i miei contatti social e tutti i miei contenuti per il sito: articoli, recensioni e speciali.


Condividi

Presuntuoso, volgare ma soprattutto triste, Happyish rischia di essere noto principalmente per essere uno degli ultimi progetti iniziati da Philip Seymour Hoffman. L'attore aveva infatti interpretato il pilot della nuova dramedy di Showtime e quindi, in seguito alla sua scomparsa, era stato rimpiazzato da Steve Coogan. Nel corso della visione del pilot da mezz'ora non ci allontaneremo dal tono triste di questa nota a margine. Anzi, sprofonderemo sempre più nell'agonia di un episodio grigio, desolante, vuoto nelle sue riflessioni, quasi imbarazzante nel suo tentativo di strapparci un sorriso o un pensiero così disperatamente alternativo da fare il giro completo e diventare banale.

L'idea centrale ricorda la trama di In Good Company di Paul Weitz. Un uomo di mezza età di nome Thomas Payne (Steve Coogan) guarda con cinismo e occhio critico a tutta la società ipermodernizzata che lo circonda. Social media, tecnologia, consumismo, apparenza, tutto passa sotto la lente implacabile del suo sguardo che sottolinea praticamente ogni pensiero con un sonoro: "F*ck this!" La goccia che fa traboccare il vaso arriva quando lui e i suoi colleghi si trovano a dover rispondere alle strategie di marketing di un giovanissimo svedese. Thom impazzisce, critica a tutto spiano, sogna ad occhi aperti, cerca di rientrare nei ranghi, ma non è facile. Il tutto partendo da una riflessione su cosa sia effettivamente quella felicità che la Costituzione invita a cercare.

Più o meno la stessa satira su tecnologia e paranoie moderne che in altri modi raccontava Selfie, solo qui filtrata attraverso un racconto completamente sbagliato per stile e approccio. Presuntuoso: fin dal titolo dell'episodio "Starring Samuel Beckett, Albert Camus and Alois Alzheimer", per continuare con la scrittura che accumula riferimenti colti qua e là (e dato che si parla di Thomas Jefferson il nome del protagonista potrebbe essere un riferimento a Thomas Paine). Una storia che vorrebbe fotografare la realtà, che prima di far ridere e intrattenere vorrebbe dire la propria su un tema importante per bocca delle affermazioni del protagonista. Piccolo problema: il clamoroso ritardo con cui arriva sui tempi e la banalità delle affermazioni stesse.

In un clamoroso twist di scrittura il senso potrebbe essere proprio questo, ma finora l'unica vittoria del presuntuoso, arrogante, triste Thomas che guarda tutti dall'alto in basso è proprio quella di farci apparire simpatici i tecnomaniaci palestrati e/o paranoici che tanto critica. Volgare: nessuno qui vuole fare il bacchettone, ma è difficile sopportare mezz'ora di visione in cui ogni linea di dialogo contiene almeno un "f*ck", quasi che non ci sia altro modo per sottolineare i concetti. Per non parlare delle strane e fuoriluogo visioni ad occhi aperti del protagonista, che stonano tantissimo con lo stile grigio e pesante della serie e che spiazzano ora per il senso di "già visto" ora – anche in questo caso – per la volgarità (un'improbabile scena di sesso con una vecchia elfa cartoon che avrebbe fatto arrossire Stifler, tanto per rimanere nel cinema di Paul Weitz). Triste: perché, malgrado un buon cast, è questo che è il pilot. È quasi difficile definire Happyish una dramedy, e tutto ciò che di grottesco arriva durante la visione non fa che aumentare la fatica della visione.

Continua a leggere su BadTaste