Happy!, la recensione
Grant Morrison e Darick Robertson lanciano Happy! Il dolce cavallino e il detective carogna riusciranno a salvare la piccola Hailey?
Caporedattore, ex grafico e illustratore, appassionato di tutto ciò che è narrazione per immagini.
Anche Grant Morrison ha seguito il richiamo del cosiddetto “miglior contratto del Nord America” e con Darick Robertson, reduce dal finale di The Boys, ha lanciato Happy!. La miniserie, che naturalmente non ha niente a che vedere con l’omonimo spokon manga di Naoki Urasawa, pare più uno sfortunato incidente tra Chi ha incastrato Roger Rabbit? e una delle opere alimentari di Garth Ennis.
Sai, alcuni tizi sono checche. Altri sono teste di cazzo o stronzi. Nick Sax è una merda professionista in ferro battuto.
Diamo più spessore alla trama…
Sono io, Nick! Happy il cavallo!
Che Morrison fosse un autore eclettico non c’era alcun dubbio: qualche anno fa stupì tutti con Joe The Barbarian, probabilmente il lavoro meno riconducibile ai suoi stilemi che privilegiava l’astro nascente della matita Sean Murphy. Nonostante il tema dell'amico immaginario non sia nuovo per lettori affezionati dello scozzese, possiamo tranquillamente iscrivere Happy! nel ristretto circolo delle sue opere “poco personali”.
Il contesto in cui avviene la vicenda pare davvero ricalcare le atmosfere care a Garth Ennis, come pure i dialoghi sboccati (non si contano i "cazzo" usati come intercalare), ma non si giunge mai a quella commistione di dramma e umorismo grottesco che è marchio di fabbrica dell’autore di Preacher. Un plauso lo meriterebbe Darick Robertson che qui pare in gran forma e sfoggia uno stile più particolareggiato del solito. Peccato che il formato scelto da Bao riduca drasticamente le tavole dell’artista sacrificando buona parte del loro impatto visivo. Pregevoli le variant cover proposte in appendice, in particolare quella di Frank Quitely che con una zampata firma la sola vera pagina imperdibile di questo volume.