Happy!, la recensione

Grant Morrison e Darick Robertson lanciano Happy! Il dolce cavallino e il detective carogna riusciranno a salvare la piccola Hailey?

Caporedattore, ex grafico e illustratore, appassionato di tutto ciò che è narrazione per immagini.


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Per festeggiare il ventesimo anniversario dalla sua fondazione, la Image ha fatto le cose in grande portando nelle sue scuderie il gotha del fumetto americano. Ci aveva visto giusto Mark Millar qualche tempo fa quando, durante una delle sue molteplici interviste, aveva ventilato la nascita di una terza major dopo Marvel e DC. Ora che Hollywood guarda ai fumetti un giorno sì e l’altro pure, i nomi più quotati dell’industria sognano infatti di percorrere la redditizia strada dei fumetti indy battuta da Robert “The Walking Dead” Kirkman e dallo stesso Millar. E dunque il terzo polo del fumetto americano si è manifestato sotto il segno della grande “I”, grazie alle penne di autori come Remender, Fraction, Brubaker, Vaughan e Straczynski.

Anche Grant Morrison ha seguito il richiamo del cosiddetto “miglior contratto del Nord America” e con Darick Robertson, reduce dal finale di The Boys, ha lanciato Happy!. La miniserie, che naturalmente non ha niente a che vedere con l’omonimo spokon manga di Naoki Urasawa, pare più uno sfortunato incidente tra Chi ha incastrato Roger Rabbit? e una delle opere alimentari di Garth Ennis.

Sai, alcuni tizi sono checche. Altri sono teste di cazzo o stronzi. Nick Sax è una merda professionista in ferro battuto.

Nick Sax è un detective caduto in disgrazia involutosi in killer a pagamento. Durante uno dei suoi lavori su commissione viene incastrato e arriva a un passo dalla morte. Da quel momento viene perseguitato da Happy, un piccolo unicorno blu che sostiene di essere l’amico immaginario di Hailey, una bambina rapita che solo Sax può salvare.

Diamo più spessore alla trama…

Seguono diverse sparatorie, qualche flashback caratterizzante e una manciata di gag solo in parte riuscite imbastite sul clichè sono immaginario, solo tu puoi vedermi. In sostanza, l’opera di convincimento da parte del cavallino volante copre buona parte del volumetto (che raccoglie l’intera miniserie di quattro numeri). Va detto che quello che dovrebbe essere l’elemento chiave della storia, ossia il rapporto privilegiato tra lo scorbutico e disilluso Sax e l’ottimista e solare Happy, non decolla mai. I personaggi fanno esattamente ciò che ci si aspetta da loro, senza quei botta e risposta che avrebbero potuto rendere la lettura quantomeno spassosa. Una minima scossa a livello di pathos arriva in vista dell'episodio conclusivo ma è un colpo di scena abbastanza telefonato, a dirla tutta.

Sono io, Nick! Happy il cavallo!

Che Morrison fosse un autore eclettico non c’era alcun dubbio: qualche anno fa stupì tutti con Joe The Barbarian, probabilmente il lavoro meno riconducibile ai suoi stilemi che privilegiava l’astro nascente della matita Sean Murphy. Nonostante il tema dell'amico immaginario non sia nuovo per lettori affezionati dello scozzese, possiamo tranquillamente iscrivere Happy! nel ristretto circolo delle sue opere “poco personali”.

Il contesto in cui avviene la vicenda pare davvero ricalcare le atmosfere care a Garth Ennis, come pure i dialoghi sboccati (non si contano i "cazzo" usati come intercalare), ma non si giunge mai a quella commistione di dramma e umorismo grottesco che è marchio di fabbrica dell’autore di Preacher. Un plauso lo meriterebbe Darick Robertson che qui pare in gran forma e sfoggia uno stile più particolareggiato del solito. Peccato che il formato scelto da Bao riduca drasticamente le tavole dell’artista sacrificando buona parte del loro impatto visivo. Pregevoli le variant cover proposte in appendice, in particolare quella di Frank Quitely che con una zampata firma la sola vera pagina imperdibile di questo volume.

Happy! vignetta

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