Happy Feet

Mambo è un pinguino imperatore, ma, a differenza dei suoi simili, ama ballare piuttosto che cantare, tanto che per questo motivo verrà emarginato. Il livello tecnico dell’animazione è buono, ma la sceneggiatura e la regia sono mediocri

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Senza ombra di dubbio, il 2006 è stato un brutto anno per l’animazione, considerando anche che Wallace & Gromit, arrivato da noi a febbraio, era in realtà del 2005, e che non abbiamo avuto il privilegio ultimamente di goderci un Miyazaki. La Pixar e la Aardman (di solito una sicurezza) hanno sfornato i loro peggiori lungometraggi di sempre, con Cars e Giù per il tubo, pellicole vedibili ma non certo al livello a cui ci avevano abituato. Non ho, francamente, visto La gang del bosco, ma dubito che possa risollevare il livello della competizione. Sicuramente, non è qualcosa che riesce a Happy Feet, sul quale nutrivo buone speranze.

Purtroppo, la pellicola della Warner (se non l’avete capito, ormai tutte le major tentano la carta dell’animazione, costi quel che costi) avrà ottenuto anche ottimi risultati negli Stati Uniti, ma non soddisfa assolutamente le attese.
Avevo già qualche dubbio sfogliando il cast di all-star che dà voce ai personaggi: Elijah Wood, Robin Williams, Hugh Jackman, Nicole Kidman, tra gli altri, sono un elenco impressionante. Peccato che di solito siano anche un brutto segnale, come se la preoccupazione principale fosse quella di mettere dei nomi importanti in cartellone piuttosto che trovare gli attori giusti. Guarda caso, la Pixar sceglie sempre degli artisti meno appariscenti, ma di solito più adeguati.

E’ indubbio poi che l’impressione immediata è di vedere una versione animata de La marcia dei pinguini, documentario che descrive bene la vita di questi animali affascinanti.
Ma quello che è veramente insopportabile è l’uso e abuso di canzoni. Il numero di questi momenti è sicuramente eccessivo (non vorrei esagerare, ma credo che quasi metà film sia cantata), tanto che ad un certo punto il protagonista dice testualmente “basta cantare” (cosa che magari pensavamo in molti in sala). Ma non è solo questo. Ad impressionare è anche la rozzezza di certi remix da discoteca (anche abbastanza squallida), ben distanti dalla magia di un musical dei bei tempi.
Inoltre, la regia ha poche idee e confuse. George Miller non trova di meglio che utilizzare continue panoramiche circolari e nelle scene più frenetiche sembra perdere il controllo della situazione (anche al montaggio), tanto che si ha l’impressione di vedere delle scene d’azioni fine a se stesse, in grado soltanto di procurare un gran mal di testa. La magia e l’equilibrio di Babe fanno decisamente parte del passato.

E anche i personaggi non conquistano come dovrebbero. Il protagonista è la solita figura isolata ed emarginata, in attesa soltanto di dimostrare il proprio valore. Il rapporto con la pinguina Gloria (la cui unica dote sembra essere quella di cantare) è sbagliato sia in teoria che in pratica. In teoria, perché mostrare un pinguino ‘diverso’ innamorato della migliore cantante è decisamente un controsenso (se lui è particolare, dovrebbe apprezzare qualità diverse da quelle di tutti gli altri pinguini e magari scegliere un’altra pinguina emarginata, no?). Nei fatti, lui la conquista troppo facilmente e il successivo contrasto è francamente pretestuoso.

I personaggi di contorno sono tutt’altro che memorabili. I volatili hanno la solita parlata da mafiosi (ma probabilmente è così anche in originale), i pinguini piccoli (e spagnoleggianti) non funzionano come quelli (deliziosi) di Madagascar e fa uno strano effetto vedere gli ‘alieni’ mostrati in live action.
La pellicola poi vorrebbe avere anche dei messaggi forti (non tanto quello ecologista, ma il dibattito scienza contro religione è evidente e decisamente a favore della prima), ma certe ingenuità nel finale sono poco convincenti.

La cosa incredibile è che, visto il successo che sta ottenendo, Happy Feet è ormai da considerare il favorito all’Oscar (peraltro, anche grazie ad un messaggio ecologista che farà piacere ad Al Gore, altro sicuro vincitore). Insomma, mentre fino a poco tempo fa l’animazione era un approdo sicuro per noi cinefili, che molto spesso ci ‘consolava’ della mediocrità del cinema live action, ora tutti i difetti della moderna Hollywood possiamo vederli anche in versione animata. Ma è difficile considerarla una conquista…

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