Hannibal 3x12, "The Number of the Beast is 666" - La recensione

Con una delle puntate più ricche e sconvolgenti della sua storia, Hannibal si prepara al gran finale scoprendo le carte in tavola

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Spoiler Alert
Se è vero che la quiete precede la tempesta, The Number of the Beast is 666 - preludio al finale di stagione di Hannibal - è l'eccezione più fulgida che la tv recente ricordi. Lo è non solo per l'efferata tortura del malcapitato Frederick Chilton (Raúl Esparza) a opera di Francis Dolarhyde (Richard Armitage), che rielabora lo scritto originario di Harris conferendogli una nuova linfa grazie a un cambio di vittima sacrificale - lo psichiatra al posto di Freddie Lounds (Lara Jean Chorostecki); la puntata ha una ricchezza di contenuti e, al contempo, di cambiamenti per i personaggi tale da poterla indicare come uno dei momenti di svolta della serie creata da Bryan Fuller che si avvia, ormai, verso la propria prematura conclusione.

Va detto che, in effetti, l'apice drammatico dell'episodio viene toccato nell'agghiacciante scena tra Chilton e Dolarhyde - finalmente avvolto dal famigerato kimono di letteraria memoria. La sequenza è un saggio memorabile di intensità attoriale, una gara di talento tra Raúl Esparza e Richard Armitage, che escono entrambi vittoriosi da un duello condotto a suon di lacrime e spasimi. Seguendo quasi pedissequamente il dialogo del romanzo di Harris, Chilton riesce ad assecondare il delirio di Dolarhyde fino a far quasi sperare il pubblico nella sua incruenta liberazione; ma quando si ha a che fare con un demone dell'inferno come il Grande Drago Rosso, non c'è risposta accondiscendente che regga. Il povero psichiatra subisce un bacio mutilatore e, cosparso di benzina, viene dato alle fiamme e salvato appena in tempo da una morte che, a conti fatti, potrebbe sembrare persino misericordiosa.

Dal punto di vista di Dolarhyde, al di là dell'evidente funzione di monito a Will Graham (Hugh Dancy), Chilton si è probabilmente solo trasformato in qualcosa di diverso, proprio come sta facendo egli stesso, proiettato a gran velocità verso il suo radioso destino di Grande Drago Rosso, lontano da ogni scintilla di umanità che ancora lo lega alla ragione. La metamorfosi di Francis è in atto, esattamente come quella di Will. Il profiler si sta tramutando in ciò che temeva, e il gesto di cameratismo nella foto con Chilton sigla una condanna a morte su cui egli stesso ha posto la propria firma. Will sta giocando, esattamente come ha sempre fatto Hannibal (Mads Mikkelsen), e il prezzo da pagare è un peso crescente sulla propria coscienza. You play, you pay. Ancora una volta, è Bedelia Du Maurier (Gillian Anderson) - unica sostituta all'altezza del precedente analista di Will - a mettere a nudo l'uomo, portandone alla luce quell'anima nera troppo a lungo rinnegata. E spingendolo, dopo tre stagioni, a porsi - e soprattutto pronunciare - la fatidica domanda: "Hannibal è innamorato di me?"

Un interrogativo rimasto a lungo sospeso a mezz'aria, coperto finora da un velo d'omertà tanto sottile che chiunque avrebbe potuto guardarvi attraverso e leggervi a chiare lettere la natura dei sentimenti dello psichiatra cannibale. Di questo amore, nella serie, si è sempre parlato, in termini via via sempre meno vaghi, eppure mai ci saremmo aspettati una domanda così diretta e una risposta così inequivocabile ("Potrebbe, quotidianamente, essere tanto affamato di te da trovare nutrimento anche solo nel vederti?", seguito dall'inquietante "Ma tu lo desideri?"). Hannibal non ha mai ceduto alla comodità di allusioni basate sul nulla, di amicizie piegate agli insensati aneliti romantici di alcuni (troppi) spettatori, mantenendosi lontano anni luce dagli ammiccamenti furbetti di molte serie che hanno fatto la scarpetta nel cosiddetto bromance esistente solo nello sguardo di una certa fetta di pubblico.

Con l'approssimarsi della fine, le carte vengono quindi scoperte, ed è l'atto in sé a destare sorpresa, non di certo il loro contenuto. Non resta che aspettare pazientemente il finale di stagione - e, ahinoi, di serie - che, già dal titolo (The Wrath of the Lamb), strizza l'occhio a Il Silenzio degli Innocenti, il cui adattamento - già reso difficoltoso dalla MGM, proprietaria dei diritti sul romanzo - non vedrà probabilmente mai la luce. Resteremo orfani di Hannibal, a quanto pare, benché sui social network impazzi ancora una strenua battaglia per salvare lo show, appellandosi a questa o quell'altra rete. Qualunque sia il destino della serie, l'abbondanza barocca dell'arco narrativo di questa terza stagione culminerà, la prossima settimana, in un finale che promette di lasciare il pubblico con la pancia soddisfatta e il cuore spezzato. E Hannibal, si sa, mantiene sempre le proprie promesse.

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