Halt and Catch Fire 1x01 "Pilot": la recensione

Incisivo e equilibrato, Halt and Catch Fire racconta bene l'inizio della rivoluzione informatica

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An early computer command that sent the machine into a race condition, forcing all instructions to compete for superiority at once. Control of the computer could not be regained.

Ad ogni nuovo arrivato nella programmazione della AMC, si ripropongono puntualmente le stesse riflessioni. Sarà il nuovo Mad Men? Riuscirà il network a rimpiazzare il vuoto emotivo e non solo lasciato dalla fine di Breaking Bad? The Walking Dead è una macchina da ascolti perfetta, ma basta a trascinare la programmazione di un intero network? Pochi mesi fa il debutto di Turn, ora è il turno di Halt and Catch Fire. Le risposte non arrivano, ma i segnali sono tutti confortanti. La serie ideata da Christopher Cantwell e Christopher C. Rogers convince con un esordio forse non scoppiettante, ma incisivo e equilibrato, ben scritto e ben diretto. Una boccata d'aria fresca per un period drama che si avventura in territori raramente esplorati dalla televisione.

Period drama appunto, ambientato negli anni '80 in piena rivoluzione informatica, Halt and Catch Fire racconta la vicenda di Joe MacMillan (Lee Pace, che molti ricorderanno come Thranduil della trilogia dello Hobbit), impiegato alla Cardiff Electric che, coadiuvato dal promettente Gordon Clark (Scoot McNairy), è determinato a giocare un ruolo di primo piano nel mercato dei computer. Per fare ciò si inimicherà necessariamente i suoi ex partner della IBM, riuscendo a "violare" il codice Bios detenuto esclusivamente dalla società rivale, e gettando i presupposti per una possibile concorrenza e lo sviluppo di un'alternativa seria e, perché no, anche superiore. Ad aiutarlo in questa sua impresa, per la cui riuscita è chiaro come MacMillan non abbia timore di sporcarsi le mani e oltrepassare la soglia della legalità, c'è anche la giovane Cameron Howe (Mackanzie Davis) che dopo alcune proteste iniziali si unirà al team.

Il tema del rapporto tra comunicazione e informatizzazione è strettamente connesso tanto alla forma quanto al contenuto dello show trasmesso dalla AMC e rilasciato precedentemente su Tumblr, prima serie della storia ad essere veicolata tramite un social medium. Per il resto si tratta di un drama dai contenuti densi e tutt'altro che accessibili ad un pubblico generalista, un pilot che muove a partire da considerazioni sulla possibile evoluzione dell'informatica da quel momento a dieci anni in avanti e che prosegue accumulando conversazioni serrate e dialoghi ricchi di tecnicismi sul tema che si va a raccontare. Da questo punto di vista la serie si può forse considerare come la faccia più seria di quel Silicon Valley in onda sulla HBO nelle ultime settimane. Ne condivide non soltanto la passione per il tema che emerge al di là della necessaria comprensione dello spettatore medio, ma anche quel ritratto egocentrico e personalistico dei protagonisti (un concetto che emerge bene nella citazione "Computers aren't the thing. They're the thing that get us to the thing").

Si parte dal basso, davvero dal basso. Da un semplice garage nel quale MacMillan e Clark, che nel frattempo deve anche barcamenarsi nelle tipiche (troppo già viste) problematiche familiari, si gettano corpo e anima nel loro obiettivo fino a tirarne fuori qualcosa. Non comprenderemo tutto, ma parteciperemo alla loro soddisfazione personale. Merito di una scrittura che riesce a tenere alto l'interesse, di un casting azzeccato, di una narrazione che riesce a muoversi per canali e svolte forse non troppo originali, ma al servizio di un tema non troppo esplorato. Funziona in tutto questo anche il particolare personaggio di Cameron, che ha qualcosa dei contorni di Lisbeth Salander pur non avvicinandosi nemmeno lontanamente all'estremizzazione di quel carattere.

La filosofia alla base di Halt and Catch Fire sembra a questo punto essere nella definizione che troviamo all'inizio dell'episodio, e nell'incipit dell'articolo. Un significato che non si riferisce solo al titolo della serie, ma che si estende a quell'approccio personalistico che dicevamo prima. La rivoluzione informatica come cardine, ma non come obiettivo. Un semplice mezzo per emergere nel clima di competizione, dalle conseguenze inattese, difficile da controllare, potenzialmente distruttiva.

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