Halloween Ends, la recensione

Con l'ultimo capitolo della sua trilogia David Gordon Green riesce a tirare le fila di una saga intera, trovando un senso a tutto

Critico e giornalista cinematografico


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La recensione di Halloween Ends, dal 13 ottobre al cinema

David Gordon Green più gira film di Halloween più migliora, prende mano e riesce a trovare quel punto perfetto tra il tenere fede a un mondo e all’eredità di una saga e poi distaccarsene per fare qualcosa di autonomo. Era poco riuscito il mix nel primo dei suoi Halloween, era molto deciso in Halloween Killse adesso è praticamente perfetto in Halloween Ends, che recupera subito e bene l’origine teen romance del primo capitolo. Al centro della storia c’è la nipote di Laurie Strode, Allyson, dotata di un carattere eccezionale, deciso e sentimentale reso benissimo dalla forza e dolcezza di Andi Matichak. Lei cerca di normalizzare la sua vita in una famiglia di vittime e comincia ad interessarsi ad un ragazzo che pure lui è vittima della società.

Per tutta la prima parte, nonostante non manchino delle morti e ogni due dialoghi esca fuori il nome di Michael Myers, sembra di assistere a un film con finalità romantiche, uno molto ben fatto. Sarà poi l’arrivo della società, cioè degli altri, a virare tutto facendo tornare a galla il male. Nel film precedente infatti Michael Myers era stato preso dalla folla, era stato insultato e menato prima di vendicarsi come suo solito. Probabilmente si deve essere risentito di questo linciaggio e si è così ritirato, ma in una mossa da Stephen King (non l’unica del film) in realtà attende solo nell’ombra il momento in cui il suo male possa trovare nuove persone insoddisfatte da possedere.

C’è molto in quest’ultimo film l’idea tipica di King che le persone siano peggiorate dalla famiglia, dalla società e dagli uomini intorno a loro, e quindi che il male di fantasia della storia sia sempre espressione o allegoria del male reale che ci facciamo noi a vicenda, dei pregiudizi, dell’arroganza e dell’oppressione degli esseri umani su altri esseri umani. Ad un certo punto Michael Myers sembra infatti quasi IT. La cosa potrebbe dare fastidio, perché non è quella la sua natura né lo spirito dei suoi film, tuttavia forse è la maniera migliore di trovare un senso e una chiusa a questi tre film. 

David Gordon Green infatti in questa dimensione visiva nuova e diversa trova un punto di contatto forte con la saga. La spinge avanti ma trascinandosi dietro tutta la storia. C’è un ottimo uso del materiale dei film precedenti e dei volti dei film precedenti. Cosa succede quando un mostro fa così male per decenni? Che succede alle persone, alla comunità e alle nuove generazioni? Halloween Ends tiene conto degli anni che passano e racconta proprio questo, come il tempo sia nemico delle vittime. Lo fa soprattutto attraverso Laurie Strode e la sua eredità, l’unica che vorrebbe davvero dimenticare e andare avanti, ma è attraversata da un eccezionale desiderio latente di morte per raggiunti limiti di sopportazione.

Un finale tanto auspicabile quanto efferato dimostrerà come non tutto quello che sembra giusto in teoria poi non necessariamente lo sia quando lo vediamo avvenire, lasciando lo spettatore con più di una domanda sulla correttezza di ciò di cui è appena stato testimone.

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