Gus voll. 1 - 4, la recensione

Abbiamo recensito per voi i quattro volumi di Gus, il fumetto francese scritto e disegnato da Christophe Blain

Carlo Alberto Montori nasce a Bologna all'età di 0 anni. Da allora si nutre di storie: lettore, spettatore, ascoltatore, attore, regista, scrittore.


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Difficile incasellare in un genere narrativo Gus, il fumetto scritto e disegnato da Christophe Blain, pubblicato in Italia da BAO Pulishing.

Il primo impulso sarebbe quello di definirlo un western, considerando il periodo in cui è ambientato e lo scenario fatto di praterie e cittadine di frontiera, nelle quali hanno luogo le vicende di un gruppo di pistoleri. Ma Gus e i suoi compagni non sono criminali simili a quelli che siamo abituati a vedere in queste storie, come si può intuire dal naso lungo mezzo metro che il protagonista sfoggia in modo naturale: questa si potrebbe definire una caratteristica cartoonesca, ma non pensiate di trovarvi alle prese con un prodotto affine a Lucky Luke, titolo che salta subito alla mente parlando di western umoristico.

In quel naso prominente possiamo facilmente vedere un richiamo fallico, visto che le avventure di Gus e i suoi compagni sono spesso orientate verso il genere femminile, alla continua ricerca di amore o di sesso.

Gus

Il primo volume, Nathalie, ci presenta Gus, Gratt e Clem, un trio di banditi interessato alle donne più che alle rapine in banca o agli assalti alla diligenza. Il racconto è suddiviso in più episodi, ma lascia in secondo piano le vicende tipicamente western dei protagonisti, concentrandosi più sulle loro avventure tra le lenzuola o alle scappatelle sessuali consumate tra i canyon.

Non siamo abituati a soffermarci sulla quotidianità di cowboy e furfanti dell'epoca, ma qui seguiamo le loro chiacchiere attorno a un tavolo da poker e i tentativi di rimorchiare gruppi di ragazze al saloon, in un bizzarro incrocio tra una commedia adolescenziale americana e uno slice of life giapponese.

La stilizzazione grafica di Blain ci ha ricordato il nostrano Tuono Pettinato, con un look visivo minimale che può adattarsi alle scene umoristiche, ma che si trova in difetto quando cerca di descrivere qualcosa di più complesso.

Il secondo volume, Bel Bandito, mette temporaneamente da parte Gus (il fatto di aver intitolato la serie al personaggio si rivelerà un limite) per concentrarsi sul suo compagno di scorribande Clem, alle prese con una relazione extraconiugale con Isabella, avvenente donna che ha la passione per le fotografie di stampo erotico. Clem ha però una famiglia che lo aspetta a casa: l'innocente figlia Jamie e l'amorevole moglie Ava, che per lavoro scrive romanzi rosa per un pubblico femminile.

Difficile che tale impiego sia solo una coincidenza, visto che questo racconto prende la piega di un feilleuton francese, una sorta di "Cinquanta sfumature di western".

Gus

Quando ormai la serie sembra aver definito la sua lontananza dai binari dell'apparente genere di appartenenza, ecco che il terzo volume, Ernest, rientra prepotentemente nei canoni del western, in un racconto che porta Gus nuovamente al centro della trama; un ruolo ottenuto anche grazie all'assenza dei suo compagni.

Purtroppo il protagonista che dà il nome alla serie è forse il meno adatto del terzetto a sostenere una vicenda dai toni più seri: il risultato è grottesco, con un comparto visivo che insegue un approccio realistico pur non riuscendo sempre a sostenere la complessità del risultato desiderato. Ancora una volta lo smisurato naso di Gus può rappresentare al meglio ciò che stiamo leggendo: l'autore non sminuisce un elemento così cartoonesco ma anzi lo risalta in più occasioni, con criminali che minacciano di tagliarlo o racconti di infanzia che ne evidenziano l'eccentricità.

Il quarto volume, Happy Clem, è una vera sorpresa, perché riesce a mescolare quanto presentato nelle storie precedenti in un'unica storia nella quale finalmente l'autore riesce a mettere in scena un epico western grazie alle relazioni costruite finora. L'umorismo è presente, anche se in misura minore, ma sono le relazioni tra i personaggi e la vita familiare di Clem a guidare una vicenda più drammatica, in cui in più occasioni si percepisce in modo tangibile la sensazione di pericolo.

Il merito di questo traguardo è da ricercare anche nei 9 anni trascorsi dal capitolo precedente; in questo periodo l'autore ha maturato il suo stile, ora in grado di sostenere senza problemi un fumetto più ricercato anche dal punto di vista grafico, con un tratto che appare come un progresso fisiologico coerente con le prime storie più stilizzate.

Gus

Difficile incasellare in un genere narrativo Gus, scrivevamo in apertura di recensione; questo perché l'autore non realizza mai un volume simile al precedente, esplora ed evolve il suo stile di racconto e il tratto grafico.

Considerando che Blain ha ripreso in mano la sua opera dopo quasi un decennio, confidiamo non si tratti soltanto di un unicum conclusivo, ma che presto potrà stupirci ulteriormente con un quinto volume, dal quale - a questo punto - non sappiamo davvero cosa aspettarci.

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