Guerra e rivolta, la recensione: funziona praticamente tutto in questo film di duelli dall'anima politica
Il film Netflix sudcoreano non è solo un bel racconto epico ma uno dei prodotti storici più interessanti degli ultimi tempi
Di solito quando in un film epico si sfida il potere regale è per arrivare in un secondo momento a restaurarlo. Non ci sono istituzioni deviate: solo sovrani più o meno buoni e legittimi, per cui lo scopo non è tanto abbattere l'autorità tout court quanto sostituire i cattivi coi giusti. Aragorn, Simba, Bowen di Dragon Heart, sono figure di un conservatorismo benevolo a cui nel fantasy e dintorni non si scappa quasi mai: paterno, saggio, spia di quella voglia di sicurezza e conferme morali che accomuna tante fiabe. Guerra e rivolta è sorprendente nel suo essere un quasi-fantasy (ispirato alla storia coreana ma narrato con lo stile iperbolico dell'epica asiatica, un po' Jidai-geki un po' Hong Kong) che rifiuta in modo nettissimo quelle conclusioni. Forse "comunista" è troppo (ma in che Corea siamo?). Di sicuro paritario e anti-aristocratico fino al midollo.
Non sempre è facile orientarsi nella storia, ma questo è sintomo della voglia di costruire un intreccio complesso, che spesso salta avanti e indietro nel tempo, confidando nell'intelligenza del pubblico per seguirne le linee tortuose e tenere sotto controllo una marea di personaggi. Una certa dispersività è il prezzo da pagare per un uso dei tempi narrativi che - quando funziona - riesce veramente a dare il senso della tridimensionalità storica, delle ragioni e dei caratteri dei protagonisti. Vedere per credere l'inizio magistrale, dove l'arrivo del protagonista come schiavo di palazzo in due diversi momenti della sua vita (bambino e adulto) viene trattato come un'unica sequenza che contiene il flashback sull'infanzia come una specie di parentesi interna, parentesi che spiega tutto quello che c'è da sapere sul perché della sua furia sanguinaria nel presente, preparando la prima di molte belle scene di guerra.