Guardiani della Galassia 1, la recensione - Articolo del 4 ottobre 2020 - 294701

L'esordio del nuovo team creativo dei Guardiani della Galassia è una lettura che fonde azione e riflessioni sulla famiglia in un crescendo di emozioni di grande impatto

Fumettallaro dalla nascita, ha perso i capelli ma non la voglia di leggere storie che lo emozionino.


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Guardians of the Galaxy #1, anteprima 02

Nemmeno il tempo di riprendersi dallo sconvolgente finale orchestrato da Donny Cates per la sua run sulla serie dei Guardiani della Galassia che è già tempo di tuffarci nella gestione di Al Ewing. Il passaggio di testimone tra questi due pezzi da novanta  della Marvel rappresenta un ideale punto di inizio per nuovi lettori. Come il suo predecessore, anche lo scrittore di Immortal Hulk imbastisce un racconto fruibile anche da un neofita o da chi non segue tutte le pubblicazioni della Casa delle Idee proposte in Italia da Panini Comics. Questa accortezza permette una fruizione immediata dello spillato e ci conduce in una vicenda dal forte sapore classico.

Ancora una volta, infatti, l’universo è sotto attacco e tocca ancora a Peter Quill, Rocket Raccoon, Groot, Drax e Gamora sventare la minaccia. Questa volta, però, qualcosa è scattato in alcuni componenti della squadra che porta a una divisione interna. Dopo aver ritrovato un equilibrio e appianato le divergenze (e i problemi) sorti dopo la conclusione di Infinity Wars, non tutti sono pronti a tuffarsi nuovamente in uno scontro. Se consideriamo che gli antagonisti questa volta sono delle divinità rinate dopo il loro ciclo di morte, come biasimarli?

Pur spingendo forte sull’acceleratore, Ewing inizia a mostrare sin da subito la direzione lungo cui sviluppare la sua gestione della serie; in particolare, lo scrittore inglese punta ad analizzare il concetto di famiglia emerso in maniera lampante durate la fase Cates del titolo. I Guardiani della Galassia non semplice gruppo di persone provenienti dagli angoli più disparati dello spazio messe insieme dal caso; i Nostri hanno sviluppato legami e dinamiche tipiche di ogni nucleo familiare, che affondano le radici in cicli di storie ormai decennali (l’amicizia tra Peter Quill e Rocket Raccoon risale ai tempi di Annihilation: Conquest). Tutti questi elementi accompagnano la tanta azione presente in queste pagine, regalandoci un racconto convincente ed emozionante.

Ewing non si limita solo a intrecciare queste due componenti: inserisce accenni a due storie (Avengers: Senza ritorno e Annihilation: Flagello) per ricollegare la serie al contesto cosmico della Marvel, allineandosi alla sensazione di imminente catastrofe che aleggia ormai costante. Inoltre, si concede una riflessione sulla natura dei supereroi, quell’istinto quasi suicida che spinge il personaggio a non godersi gli attimi di tregua ma ricercare la guerra, il sangue e la morte.

Anche se immerso in atmosfere diverse rispetto ai suoi lavori attuali (vedi l’incredibile successo di Immortal Hulk), Ewing si dimostra narratore di razza, in grado di innestare su una base classica elementi innovativi che rendono quanto mai fresca e frizzante la lettura. Discorso analogo può essere esteso anche a Juann Cabal. Il disegnatore spagnolo ci regala una prova di grande impatto, risultando convincente anche sulla scala “cosmica” delle sue tavole. Le sue battaglia sono cariche di dinamismo, coinvolgenti, tumultuose, ma il vero punto di forza sono le trovate utilizzate per vivacizzare il risultato finale. La sperimentazione porta a risultati davvero interessanti, resi ancora d’effetto dallo stile pulito, attento alla cura dei dettagli.

In chiusura, non possiamo non applaudire con convinzione all’esordio del nuovo team creativo della serie. Scostandosi dall’ingombrante retaggio del successo dei due film dei Marvel Studios, Ewing orchestra un racconto che guarda alla tradizione del titolo ma la trasla in un contesto contemporaneo, con risultati decisamente appaganti.

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