Grow: Song of the Evertree, la pace dei sensi ai piedi dell’Albero Eterno | Recensione

Dopo numerose ore passate all'interno del titolo di Prideful Sloth, siamo finalmente pronti per parlarvi di Grow: Song of the Evertree

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Quando sono state diffuse le prime informazioni su Grow: Song of the Evertree, il primo impatto è stato quello di un titolo dalle due anime. Da un lato l’aspetto gestionale legato alla crescita del proprio villaggio, dall’altro la componente “life sim” che ci permette di vivere una vera e propria simulazione della vita del nostro protagonista. Nel mezzo, sezioni d’esplorazione, puzzle ambientali e quel pizzico di collezionismo necessario per dare un senso alla ripetitività delle numerose giornate che ci troveremo ad affrontare. 

Eppure, nonostante queste premesse, Grow: Song of the Evertree è comunque riuscito a sorprenderci. Il titolo sviluppato da Prideful Sloth, infatti, è esattamente quanto descritto nel paragrafo precedente, ma, come nella vita, non è importante il “cosa” fai, ma il “come” lo fai. Per scoprire come l’opera del team australiano sia riuscito a conquistarci, vi invitiamo a continuare a leggere la nostra recensione.

Una volta avviato il gioco, ci troveremo nei panni dell’ultimo alchimista dell’ordine del Cuore Eterno. Dopo l’avvento del morbo conosciuto come Avvizzimento, i nostri “colleghi” hanno ben deciso di lasciare Alaria, convinti di non poter più salvare quell’Albero Eterno in grado di diffondere la vita. Toccherà a noi, quindi, riscoprire l’antica arte del Canto, per dimostrare a tutti come, anche quando tutto sembra perduto, ci sia invece sempre un briciolo di speranza.

Il comparto narrativo è stato uno dei primi elementi a lasciarci estremamente sorpresi. Dopotutto ci aspettavamo una “trama” in stile Animal Crossing, ben lontana dall’essere profonda e stratificata. Grow: Song of the Evertree ha invece una chiara lore da rispettare e, passo dopo passo, una storia da raccontare. Certo, i ritmi del racconto sono molto dilatati, ma si tratta di un’evidente scelta di narrative design fatta dagli sviluppatori. 

Il giocatore deve sentirsi a proprio agio, esplorando e comprendendo il mondo di gioco un po’ alla volta. Troppe informazioni potrebbero, al contrario, avere un effetto straniante, portandolo ad abbandonare prima del previsto il titolo. Questo è un “difetto” che abbiamo notato solo nella prima ora di gioco, quando il nostro alchimista viene bombardato da tutte quelle informazioni necessarie per cominciare la propria avventura. Una volta trasmesse le informazioni alla base delle abilità del protagonista, il titolo rallenta e, finalmente, ci permette di apprezzarlo in tutta la sua calma e beatitudine.

Nonostante la storia venga diluita nel corso dell’avventura, i dev sono riusciti a inserire costantemente nuovi elementi, nuovi personaggi e nuove situazioni. Grow: Song of the Evertree è una magica fiaba da vivere giorno dopo giorno. Un continuo alternarsi di situazioni che, lo ammettiamo, ha saputo conquistarci nel profondo.

Da un punto di vista ludico, il titolo targato Prideful Sloth è tutto quello che potreste aspettarvi, ma anche qualcosa in più. Le prime ore di gioco ci permettono di prendere dimestichezza con tutte le meccaniche legate alla gestione del villaggio e al ritorno della vita nei mondi dell’Albero Sacro.

Nel primo caso ci troveremo a dover costruire edifici, che vanno dalle semplici case a svariate tipologie di negozio. Una volta che cominceranno ad arrivare i primi abitanti, dovremo poi assegnare loro un luogo dove vivere e, possibilmente, un posto di lavoro. In questo modo, sfruttando le caratteristiche uniche di ogni straniero, potremo accrescere la felicità del nostro villaggio. Ricordatevi, quindi, che è fondamentale che tutti i personaggi siano soddisfatti della vostra gestione. Assegnare un lavoro da fioraio a un abitante che ha come sogno nella vita quello di fare il panettiere, per fare un esempio, potrebbe non essere la migliore delle soluzioni.

Per quanto riguarda il nostro lavoro all’Albero Sacro, invece, ci troveremo a dover piantare semi, abbattere alberi, incontrare animali selvatici, catturare pesci e insetti e altre attività di questo tipo. Fortunatamente, gli sviluppatori sono riusciti a dare un ritmo compassato anche a tutte queste azioni. Una volta svolti determinati compiti, infatti, verremo invitati a tornare a casa, per poter proseguire con la gestione del villaggio e per socializzare con i suoi abitanti.

Nel corso dell’avventura, infatti, sarà fondamentale parlare con ogni singolo individuo. Alcuni di essi ci offriranno missioni da compiere, mentre altri avranno pensieri, dubbi o paure da dover gestire. Starà a noi comportarci nel migliore dei modi, per fare in modo che la nostra società cresca solida e felice.

Grow: Song of the Evertree

Nel frattempo dovremo anche raccogliere abbastanza Essenze per poter formare nuovi mondi liberi dall’Avvizzimento. Mondi che saranno sempre diversi e che abbiamo trovato davvero divertenti da esplorare. Ogni nuova area può avere dei dungeon da esplorare, all’interno dei quali ci troveremo a dover risolvere enigmi ambientali molto semplici o basilari sezioni di platforming. Nulla di particolarmente complesso, ma si tratta di un’aggiunta in grado di spezzare il ritmo della monotonia e che, di conseguenza, ci sentiamo di premiare.

Ogni singolo momento vissuto in Grow: Song of the Evertree ha una duplice funzione: quella di rilassare il giocatore e quella di farlo progredire nel racconto. Ci siamo innamorati dei tempi dilatati e della ripetitività di alcune azioni, da svolgere con cadenza giornaliera. Chiaro, esattamente come la serie di Animal Crossing, si tratta di un’idea di fondo che potrebbe non piacere a tutti, ma vi invitiamo comunque a non sottovalutare il potere del titolo di Prideful Sloth. A dirvelo, infatti, è un giocatore ben lontano dal succitato titolo Nintendo. Eppure, nonostante questo, abbiamo amato Grow sin dal primo minuto di gioco.

Gli sviluppatori, infatti, sono riusciti nell’intento di creare un sistema di ricompense interno al titolo in grado di spingere l’utente a non lasciare mai il pad. Attraverso una delle nostre due guide, un libro di nome Manuala, otterremo continuamente badge e oggetti per premiare i nostri sforzi. Il concetto di gamification applicato a un videogioco che simula una vita reale e fantastica allo stesso tempo. 

Tecnicamente, il gioco presenta una direzione artistica di altissimo livello, con ambienti belli da vedere e supportati da scelte cromatiche sempre diverse e mai ripetitive. Il character design e il creature design ci sono sembrati, inoltre, particolarmente ispirati e perfettamente integrati nel mondo di gioco. Peccato per le animazioni dei personaggi, che presentano espressioni facciali poco curate e movimenti del corpo spesso legnosi. Nulla che comprometta l’impatto ludico del titolo, ma è evidente che non si tratti di una produzione AAA.

Splendida, invece, la colonna sonora composta da Kevin Penkin, autore candidato ai BAFTA per la colonna sonora di Florence, meraviglioso titolo edito da Annapurna Interactive. La colonna sonora si modula costantemente nel corso dell’avventura, rilassando quando deve rilassare e mettendo tensione all’occorrenza. Un vero piacere per le nostre orecchie, in grado di farci passare ore con le cuffie senza mai annoiare neanche per un secondo.

Grow: Song of the Evertree è il giardino zen che tutti dovremmo avere in casa. Ogni singolo elemento della produzione è pensato per intrattenere, appassionare e, allo stesso tempo, rilassare. Abbiamo trascorso molte ore su Alaria, ma non vediamo l’ora di passarne altrettante nelle prossime settimane. Dopotutto la vita, anche per un videogiocatore, è carica di stress, adrenalina e di momenti emotivamente impegnativi. C’è bisogno, psicologicamente e fisicamente, di trovare un proprio angolo di paradiso. Un angolo dove venir cullati dalla musica e dove riprendere fiato. Ecco, Grow: Song of the Evertree è diventato il nostro personale angolo di pace dei sensi. Non sottovalutate l’opera di Prideful Sloth. Farlo potrebbe privarvi di una delle migliori esperienze videoludiche di questo bizzarro 2021.

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