Grillo vs Grillo, che cosa c'è nello spettacolo in arrivo su Netflix

Critico e giornalista cinematografico


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Disclaimer:

Beppe Grillo è il leader del Movimento 5 Stelle, uno dei partiti politici più importanti d’Italia, la sua attività di autore comico è da sempre profondamente intrecciata con le sue idee e la sua visione del mondo e dell’Italia. Questo articolo non può tralasciare questa componente ma in nessun modo intende criticare, approvare, prendere le distanze o promuovere il suo pensiero politico. Qualsiasi affermazione e valutazione o raffronto con altri leader politici è relativa al solo spettacolo in esame e a come questo scelga di relazionarsi con il pubblico e l’ecosistema mediatico che lo circonda, non coinvolge in alcun modo il pensiero.

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L’arrivo di Netflix in Italia ha significato l’arrivo su una piattaforma di distribuzione televisiva della stand up comedy italiana. Già con YouTube è molto cambiata la penetrazione della comicità anglosassone in tutto il mondo, Netflix cerca di fare un salto più in avanti, proponendo molti spettacoli dei più grandi comici di oggi e di ieri sottotitolati.
Grillo vs Grillo si inserisce in questa categoria ed è il primo spettacolo di stand up italiana offerto da Netflix, in uscita il 10 febbraio.

Si tratta del tour cominciato circa un anno fa che segna il ritorno di Grillo al mestiere di comico, agli spettacoli e alla risata come lavoro. Per farlo imbastisce un conflitto tra se stesso live e se stesso rappresentato, quello che vediamo su uno schermo, in giacca e cravatta, il Grillo politico che deve rendere conto per ogni cosa che dice. La gag è che ogni affermazione e ogni metafora scatena una telefonata di qualcuno che si è offeso e lui deve rimediare. Se paragona la situazione a un’aringa morta chiama l’associazione coltivatori di aringhe e lui deve rettificare. Intanto in sala il Grillo in carne e ossa spazia senza problemi, perché è il Grillo comico quello che, parola sue, “è protetto dal diritto di satira”, là dove quello politico non ha nemmeno l’immunità parlamentare.

La data proposta da Netflix è cruciale, quella di Genova, città Natale di Grillo. E si sente. Molto dello spettacolo è contaminato da una nostalgia dorata e mai nascosta. Si potrebbe dire in un certo senso che proprio lo spettacolo è una grande operazione di nostalgia in cui Grillo ripercorre tutta la sua vita con una malinconia gioiosa per l’ingenuità dei tempi andati, da quando bambino usciva con Donato Bilancia (“Era come me, come tutti e mia madre mi diceva che si sentiva sicura solo se uscivo con Donato!” risate), eppure lo spettacolo più si avvicina al catartico finale più diventa la messa in scena delle idee del suo partito, più cioè si contamina con la parte “politica” di Grillo e tira le fila dei sentimenti accumulati.

Beppe Grillo

È significativo per quanto involontario che tutto inizi come fossimo in 1984. Grillo mette il suo faccione sullo schermo che guarda il pubblico e gli parla del futuro in termini da distopia rassicurante. Non c’è da ridere qui ma l’impressione che tutto sia leggibile in un’altra chiave è forte. Non a caso l’attacco racconta di come sia nato il Movimento 5 Stelle e poi, più indietro nel tempo, di come sia nato artisticamente lui. Sembra la storia della sua vita e di Genova, ma con il procedere è chiaro che si tratta delle vicissitudini che l’hanno portato a fondare il Movimento, attimo cardinale della sua esistenza. Ogni capitolo dell’infanzia o dell’adolescenza di Grillo tra lavori, rapporto con i genitori, tornare a casa tardi la sera e non riuscire a diplomarsi ha una chiosa che dà una gomitata all’attualità. Quando mostra una foto di lui da giovane impegnato al tornio nell’officina del padre chiude con “Io sì che ci sono stato, no come la Cisl, l’UIL o la FIOM!”.

Il problema principale di Grillo vs Grillo però è che nonostante non manchi quella forza fisica che è sempre stata la cifra più riconoscibile del comico, non ha la medesima raffinata costruzione delle gag che aveva in passato. Le battute hanno il sapore di quelle pronunciate tra amici, improvvise, fini a se stesse, affiancate senza un criterio preciso. Invece di costruire storie o meccanismi comici per dare un ritmo allo spettacolo, Grillo costruisce una storia (la propria) in forma di commedia. La cui efficacia è decisamente minore e che non sostiene la risata, non gli dà quell’afflato che fornisce l’impressione di aver riso tutto il tempo, anzi! A lungo, troppo a lungo, proprio in quei punti più deboli che solitamente sono sostenuti da una costruzione attenta, l’umorismo è fiacco.

Ad essere forte invece è l’elegia della formazione di Beppe Grillo, che suona più furba e adeguata del volume che nel 1994 Berlusconi spedì nelle case degli italiani, ma pare avere il medesimo scopo: la storia del capo romanzata attraverso il suo linguaggio. Per Berlusconi era un buonismo idilliaco, per Grillo è l’opposizione al sistema. “L’amore che vince sempre contro l’odio” da una parte il “Vaffanculo” come etica dall’altra. Lo dice spesso che la sua è una storia di tanti fallimenti, e ognuno lo ha reso forte. Alcuni sono noti, come l’ostracizzazione dalla RAI per la battuta sui socialisti, ma nelle sue parole diventa pura mitologia. La chiave sentimentale è sempre la nostalgia, nel bene o nel male, per un tempo della sua vita in cui si arrabattava con De Andrè oppure aveva tantissimo successo e veniva chiamato da Berlusconi per Ok il Prezzo è Giusto sebbene la sua etica poi gli abbia impedito di rifiutare i miliardi che gli erano stati offerti. La frase “Se mi avesse offerto 3 milioni al mese per un lavoro forse ci avrei pensato” dice moltissimo sulla volontà di acchiappare la benevolenza del pubblico (Grillo poco prima ha precisato che all’epoca guadagnava tantissimo con gli spettacoli).

Beppe Grillo

E qui forse sta il vero elemento che distingue Grillo vs Grillo dalla stand up comedy e lo avvicina alla politica. Nella stand up sia italiana che anglosassone il comico usa se stesso come primo bersaglio e poi gli altri (solitamente personaggi inventati o che nessuno conosce), cioè affossa se stesso, usa il suo corpo e la sua vita come antenna dei vizi presi in giro. Dopodichè passa a prendere in giro parte del pubblico. Grillo invece racconta una storia da cui esce molto bene, fiero, un po’ casinista ma onesto, i vizi stanno tutti negli altri. E in un momento che rasenta la facile similitudine con il comizio scende tra il pubblico e abbraccia la gente dicendo frasi come “Non ne fanno più di donne così!” a una signora sovrappeso. Non bacia bambini ma è tangibile l’impressione che la ragione è solo che non ce ne sono.

Arriva il momento Casaleggio. Grande foto di Gianroberto e il racconto dell’incontro in cui decisero: “Facciamo qualcosa per gli altri senza un tornaconto”. Qui lo spettacolo vira nettamente, con più decisione parla del movimento e ne illustra le idee fino alle azioni, la foto della rinuncia a 42 milioni che poi diventano 80 milioni di euro in rimborsi (la promessa mantenuta). Anche un momento molto tipico dei suoi spettacoli da sempre, ovvero l’esposizione di grandi innovatori, di prodotti, oggetti o soluzioni innovative, ecologiche e possibilmente salvifiche che però non sono state ancora adottate, è piegato nella direzione della politica quando culmina con: “Non c'è niente di impossibile quando un comico incontra un imprenditore [cioè Casaleggio ndr] e senza una lira fonda il più grande movimento politico della storia questo paese!”

L’identificazione con i grandi innovatori mostrati è esplicita per Grillo, noi siamo come loro, “Noi siamo come Napster” dice, avremo cambiato tutto anche se ci chiuderanno. Dopo che lo spettacolo ha romanzato la vita di Grillo all’insegna della fondazione del movimento qui approfitta del sentimentalismo creato e suggerisce (di nuovo in maniera non diversa da come faceva Berlusconi) che la sua è una missione, che il ruolo del leader è un sacrificio incredibile che tuttavia è necessario e fa volentieri. Grillo non ha bisogno di costruire la figura del leader, semmai di reiterarla. Sembra cioè necessitare di una certa mitologia del sacrificio e dell’abnegazione per fugare i dubbi su ogni doppio fine. Lo dice esplicitamente che “l’errore fu pensare che qualcuno potesse credere che abbiamo fatto tutto senza un tornaconto personale”.

Solo in chiusura, nell’ultima cavalcata, arriva l’inquadratura che più di tutte ha caratterizzato la messa in scena televisiva degli spettacoli di Grillo, la sua firma. Lui in mezzo alle file delle poltrone della sala, inquadrato da lontano con uno zoom che lo schiacciato a mezzo busto tra le teste tra di chi gli è davanti e quelle di chi gli è dietro. Si muove, cammina da destra a sinistra. È lui, il Grillo comico e chiude con un’ultima trovata finalmente centrata, finalmente autoironica, finalmente inventiva e capace di dire qualcosa di serio in modo divertente.

Parla dell’obesità, la fame e la scarsità di risorse, del fatto che nel futuro mangeremo insetti anzi già si fa. Mostra l’immagine di grilli fritti in vendita online, che fa ridere un po’ tutti e di cui lui si dice un po’ inquietato. Poi ne prende una scatola e scende di nuovo tra il pubblico, li fa assaggiare, li imbocca come fosse Ostia: “Questo è il mio corpo tieni, ora siete un po’ di me”. Subito dopo sullo schermo c’è di nuovo il Grillo politico ma vestito di bianco come Jesus Christ Superstar, che ascende al cielo, si fa guru e blatera parole inaudibili: “Io non posso diventare così! Dovete insultarmi!”

Grillo chiude in crescendo cercando di risolvere il dilemma che anima lo spettacolo, quello tra il comico e il politico. Mentre in sottofondo il sé guru vestito di bianco parla e parla nell’ascendere lento, lui sovrappone la sua voce in sala a volume sempre più alto muovendosi tra le file: “Non so che sarò, un politico un comico non lo so! Non lo so!”.
A quel punto il gran finale è il necessario Vaffanculo ma rivolto a sé, l’insulto rivolto a sé perché non deve montarsi la testa, non deve credersi chissà cosa.

“Mandatemi affanculo!” e il pubblico risponde in coro.

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