Grey's Anatomy 15x19 "Silent All These Years": la recensione

La nostra recensione del diciannovesimo episodio della quindicesima stagione di Grey's Anatomy intitolato Silent All These Years

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Spoiler Alert
Alcuni episodi sono un vero e proprio pugno nello stomaco ed è comprensibile perché gli autori di Grey's Anatomy scelgano di non raggiungere questo livello di intensità emotiva ogni settimana, ciò nonostante puntate come Silent All These Years sono anche una testimonianza evidente delle potenzialità di questa serie e di alcuni dei suoi interpreti, che spesso si perdono purtroppo in trame banali e poco accattivanti, che non privilegiano la riflessione come avviene invece in questo caso.

Il diciannovesimo episodio di questa 15^ stagione, come era stato anticipato, è finalmente e quasi interamente dedicato alla Jo Wilson di Camilla Luddington che, diciamolo, non è mai stato uno dei personaggi meglio gestiti nello show, compresa la storyline dedicata alla ricomparsa del marito violento, interpretato da Matthew Morrison, che fu conclusa in maniera sin troppo sbrigativa considerato quanto il passato di Jo l'abbia segnata e perseguitata. Questa volta la neo signora Karev ha invece finalmente modo di rintracciare la madre che l'ha abbandonata sui gradini di una stazione di pompieri quando era in fasce e decide di farlo, da sola, per affrontare un capitolo della sua vita che l'ha resa - volente o nolente - quella che è oggi.

Le sorprese, come era da aspettarsi da queste serie, ovviamente non mancano e quando Jo si trova di fronte la madre Vicki (Michelle Forbes), che vive una vita idilliaca in un quartiere residenziale di Pittsburgh con un lavoro sicuro, un marito, due figli ed un cane, le sue domande aumentano in maniera esponenziale e quando la donna nasconde al marito la verità su di lei, spacciandola per una mormona che ha suonato alla loro porta per parlarle di religione, Jo le chiede di poterla incontrare in un diner poco lontano per rispondere almeno ad alcune delle sue domande.
Dopo ore di attesa e proprio quando Jo era sul punto di arrendersi, la madre varca la soglia del locale e le due si siedono finalmente a parlare in una tensione palpabile e costantemente ribadita, nelle scene che le vedono protagoniste, da un costante e ripetitivo suono di sottofondo che ingenera una certa angoscia, accompagnato dall'assenza di una vera e propria colonna sonora. Jo è chiaramente furiosa con la donna e le dice senza mezzi termini di averla sempre immaginata a vivere in una condizione di svantaggio, che poteva averla portata, tanti anni prima, alla decisione di abbandonarla, ma vederla vivere una vita così normale ed agiata, come se non avesse un problema al mondo e lei non fosse mai esistita, è più difficile per Jo di quanto potesse immaginare.
Inizialmente Vicki non tenta nemmeno di difendersi, pur essendo sulla difensiva e non sembra volere nemmeno provare a giustificarsi, ma quando la verità verrà finalmente fuori, sarà molto dolorosa per Jo da accettare: la donna le confessa infatti di essere figlia di uno stupro mai denunciato, nel quale da giovane studentessa universitaria è stata vittima di un insegnante di sostegno, morto anni dopo il fatto in un incidente di moto, dopo aver accetto di uscire con lui per un appuntamento trasformatosi in un incubo.
La sensazione più forte, dal momento della rivelazione, è che il messaggio che gli autori vogliono lasciar passare è che nessuna delle due abbia completamente torto e completamente ragione.
Fino ad ora noi conoscevamo solo la versione della storia di Jo: abbandonata a qualche giorno dalla nascita, entrata nel sistema e affidata ad una famiglia peggiore dell'altra fino ai 16 anni, quando decise che dormire nella propria macchina e vivere di nulla fosse per lei meglio che essere di nuovo inghiottita dal sistema e sposata alla prima persona che le abbia detto di amarla e che ha poi abusato di lei fino a farle prendere la decisione di abortire il figlio che aspettava per non farlo venire alla luce con un simile padre, un ultimo particolare che ci viene peraltro rivelato per la prima volta solo in questo episodio.
Vicki tuttavia non ha avuto una vita migliore, stuprata e rimasta incinta, senza il coraggio di rivelare il suo segreto alla propria famiglia, decise di abbandonare la propria creatura a cinque giorni della nascita perché tutto, di lei, le ricordava l'incubo vissuto e la sua stessa gravidanza era stata come un costante reminder della violenza subita. Come sottolinea Jo, sicuramente Vicki avrebbe potuto affidare la sua bambina ad un'agenzia e assicurarsi che finisse nelle mani di qualcuno che l'amasse, piuttosto che abbandonarla in fasce a se stessa, ma è difficile puntare davvero il dito contro qualcuno che ha subito un tale trauma, senza mai aver avuto il giusto supporto se non da adulta. Le colpe della donna sono evidenti, ciò nonostante conoscere le ragioni alla base della sua decisione aiuterà forse con il tempo Jo a fare pace con il suo passato, per quanto scioccante si sia rivelato.

Come se questa storyline non fosse già abbastanza intensa, nel presente, Jo - tornata ormai da Pittsburgh senza essere ancora riuscita a parlare con il marito di quanto successo - si ritrova ad occuparsi di una paziente di nome Abby, magnificamente interpretata da Khalilah Joi, arrivata in pronto soccorso in evidente stato di chock. Dal momento in cui la donna percepirà Jo come un'alleata ed una protettrice non vorrà più lasciarla andare, rivelando infine di essere stata vittima di uno stupro che non vuole denunciare per paura di non essere creduta dalla polizia o dal marito.
Ogni uomo che le si avvicina le procura un forte attacco d'ansia tanto che, sempre supportata da Jo, Abby verrà trattata solo da medici ed infermiere donne, che finiranno per accompagnarla fino alla sala operatoria nella quale deve essere operata per le lesioni subite. Durante tutto il procedimento Jo, Teddy e Dahlia (Sophia Ali) si dimostreranno particolarmente sensibili, riuscendo a convincerla, senza pressione, a fare un kit stupro, per non compromettere le prove della sua aggressione che potrà usare solo e quando vorrà.
Uno dei momenti forse più toccanti dell'episodio è proprio la scena in cui i tre medici si occupano di fotografare i suoi lividi e le sue ferite, prendere tamponi e farle esami umilianti anche per una persona in buono stato psicologico, domandando ad Abby, ad ogni nuova azione, se si senta pronta e attendendo ogni volta il suo consenso.
Dove la scena del suo trasporto dalla stanza in cui l'hanno trattata alla sala operatoria, protetta da un corridoio di donne a farle schermo dal resto del mondo, può essere forse eccessivamente spettacolarizzata per motivi drammatici, quel semplice e ripetitivo "Sei pronta?" "", che viene costantemente ribadito durante i suoi esami lancia un messaggio persino più forte.
Lo stupro, al di là della costrizione ad un atto sessuale, è infatti più di ogni altra cosa un gioco di potere, in cui l'aggressore prende senza chiedere e la vittima è costretta a rinunciare alla propria volontà per sopravvivere, restituire quindi ad Abby il potere di decidere, anche con qualcosa di così apparentemente insignificante come una semplice domanda, è un messaggio molto forte per chiunque abbia vissuto un simile trauma, che dimostra grande sensibilità da parte degli autori.

In questo episodio Jo-centrico, vi lasciamo con una piccola nota a margine: per tutta la puntata non c'è traccia della protagonista della serie, ve ne eravate accorti?

La quindicesima stagione di Grey's Anatomy va in onda negli Stati Uniti ogni giovedì sulla ABC ed in Italia ogni lunedì su Fox Life.

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