Grey's Anatomy 13x08 "The Room Where It Happens": la recensione

La nostra recensione dell'ottavo episodio di Grey’s Anatomy, intitolato The Room Where It Happens

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Spoiler Alert
L'ottavo episodio di questa stagione di Grey's Anatomy è il perfetto esempio di un ben riuscito "bottle episode". Per chi non lo sapesse sono episodi fatti dalle produzioni di ogni serie TV con il preciso intento di risparmiare sul budget, solitamente l'azione coinvolge infatti solo pochi membri del cast ed in un ambiente circoscritto (da cui bottle, bottiglia, per l'appunto), che non richiede loro di lasciare le strutture degli Studios e quindi spendere soldi in costosi spostamenti o affitti per qualche location esterna. Essendo episodi realizzati a budget ridotto, tendono ad essere particolarmente incentrati sui personaggi che vi prendono parte, finendo sempre per regalare ai fan qualcosa di inaspettato.

The Room Where It Happens non fa eccezione e si rivela un'interessante ora di televisione. La domanda che tutti prima o poi si sono posti guardando una serie come Grey's Anatomy ed il modo in cui i medici interagiscono con i pazienti e con i loro familiari, tocca probabilmente tutti da vicino e riguarda il come vorremmo che un chirurgo trattasse noi o un nostro caro, se fossimo toccasse loro subire una difficile operazione. Quando è lecito che un chirurgo getti la spugna? Quando si supera il limite ed un operazione viene considerata troppo rischiosa o inutile, un accanimento, per dirlo in termini medici e quando invece è giusto non arrendersi? Come si fa a tracciare questi limiti? E ancora: cosa fa di un professionista un buon chirurgo? E' meglio mantenere il distacco dal paziente o è importante creare una certa empatia con la persona che si sta operando? Qual è la strada giusta?

Come spesso capita, a una Meredith distrutta dalla stanchezza per un lungo turno e per non essere riuscita a dormire una volta tornata a casa a causa delle esigenze dei figli, viene dato inizialmente il difficile ruolo del peggior chirurgo a cui potremmo pensare. Quello che si arrende, quello che preferisce non rischiare una procedura inconsueta, perché crede che il paziente che ha di fronte non abbia più speranze. A salvare (letteralmente) la situazione, arriverà però Richard Webber, il quale non solo si renderà conto che Meredith ed Owen, che sta operando con loro, non stanno offrendo a Stephanie, che li assiste, un'esperienza formativa, ma anche che l'atteggiamento dei suoi colleghi potrebbe precludere al paziente la possibilità di salvarsi da quella che sembra essere effettivamente una situazione disperata. Per questa ragione Richard, risultando tra l'altro piuttosto fastidioso all'inizio, inviterà i chirurghi intorno al tavolo operatorio a partecipare ad una sorta di gioco di ruolo. Richiard proporrà a Meredith, Stephanie ed Owen di immaginare per il paziente un volto, un nome ed una vita, per sentirsi più vicini a lui e trattarlo, di fatto, come se fosse un loro caro. Se su quel tavolo operatorio ci fossero una madre, una sorella, un marito o noi stessi, lascerebbero davvero che la stanchezza avesse la meglio su di loro o tenterebbe piuttosto l'impossibile per salvare la vita della persona amata?

L'esperimento di Richard, iniziato in modo piuttosto strano, avrà poi risultati inaspettati, quando lui stesso immaginerà che la persona su quel tavolo sia la propria madre, Gail, morta, quando lui era ancora un bambino, di tumore al pancreas. Dalle parole di Webber scopriamo che la madre era una violoncellista di talento, una donna che si divideva tra il suo lavoro ed  i suoi tre figli, portata via da una devastante malattia troppo presto. Ma Gail, per Richard, non è solo un ricordo, perché è anche la persona che gli ha fatto comprendere il valore e l'importanza di conoscere il proprio paziente, di essergli vicino, di non trasformarsi in un robot, perché un essere umano è portato a superare tutti i propri limiti, se sa per chi sta lottando.

Owen invece comincerà ad immaginare la sorella Megan, che vediamo per la prima volta apparire in carne ed ossa dall'annuncio dell'assegnazione della parte all'attrice Bridget Regan. Megan ci appare da subito come una donna tanto bella quanto forte, capace di tenere testa al fratello e di provocarlo. La sua comparsa nella puntata, ne siamo certi, non farà che alimentare le voci che vogliono che il personaggio, creduto morto sia da Owen che dal suo ex fidanzato Riggs, ricompaia improvvisamente a portare totale scompiglio nella vita delle persone che l'hanno amata.

Per quanto concerne invece Meredith, sarà il suo ricordo ad aver contribuito probabilmente a spezzare più cuori alla fine dell'episodio. Gli autori, infatti, portano le lancette indietro nel tempo, mostrano, attraverso il suo ricordo, il momento in cui Meredith ha dovuto dare ai propri bambini, Zola e Derek, la terribile notizia che il loro papà era morto. Come se non bastasse, dopo aver salvato la vita dell'uomo che stava operando con una mossa rischiosa, ma che si rivelerà vincente, mentre si lava le mani, uscita dalla sala operatoria, la donna immaginerà di vedere Derek accanto a sé, giovane, sorridente e pieno di vita: un'apparizione che colpisce sicuramente al cuore i fan di lunga data della serie e contribuirà a far sentire il vuoto lasciato dalla dipartita del personaggio.

La prossima settimana Grey's Anatomy ci attende con il finale di metà stagione, in onda negli Stati Uniti giovedì 17 novembre sulla ABC.

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