Greenland, la recensione

Con molta più tensione del solito e tanta meno voglia di distruggere tutto, Greenland trova l'equilibrio giusto per il disastro naturale più classico

Critico e giornalista cinematografico


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Greenland, la recensione

Nella grande corsa a sventare l’estinzione umana ad opera di una pioggia di meteoriti la salvezza sta in Groenlandia. Lo stesso luogo che (nel mondo reale, non in quello dei film) è il simbolo dei cambiamenti climatici, il suo danno più evidente, qui è l’Eden a cui puntare per una famiglia e non solo, durante la pioggia di sassi dallo spazio.

Com’è giusto che sia infatti Greenland non risparmia in esagerazione, i meteoriti che cominciano a piovere all’improvviso (il governo lo sapeva ma l’aveva tenuto nascosto a tutti) se piccoli distruggono le città, se grandi spazzano via nazioni, creano onde d’urto stimolano tsunami. Ci sono solo pochissime ore per giungere in Groenlandia e una famiglia che era stata selezionata per essere tra le poche elette ammesse nel bunker a prova di fine del mondo, si ritrova a piedi, fuori dal volo militare che li condurrebbe lì perché un membro ha il diabete, è debole e va lasciato indietro.

In questa storia in cui lo stato è una lastra di amianto di durezza e gelo, in cui i militari pensano solo agli ordini anche quando sanno che nel fare il loro lavoro stanno condannando le proprie famiglie, il cuore di tutto è la popolazione. Gli altri. Con un giusto mix di spietati bastardi pronti a tutto per salvarsi e invece persone più umane disposte ad aiutare la famiglia Butler (lui, lei e figlio), il mondo di Greenland anima di tensione il film, evitandogli la galera del cinema catastrofico, quella in cui inventiva e sceneggiatura sono tenute recluse dalla dittatura della grande distruzione.

Ovviamente questo non significa che non manchino le scene cardine del genere, per come è stato canonizzato tra la fine degli anni ‘90 e l’inizio dei ‘10, il periodo tra Deep Impact e 2012, ovvero le immagini delle capitali che vengono distrutte con i loro simboli (Colosseo, Torre Eiffel, Cremlino, Big Ben, Statua Della Libertà) e gli sguardi attoniti delle ignare famiglie verso il cielo minaccioso. Tuttavia è anche chiaro che Greenland prova molto più piacere nelle peripezie umane che nella grande catastrofe, che è molto più abile a intaccare le certezze dei genitori e a mettere a segno punti nell’angoscia per un bambino malato coinvolto nel più grande disastro della razza, che a tracciare un ritratto dell’inabilità politica di fronte al disastro.

Disaster movie senza eccessive pretese, Greenland riesce finalmente a dare al Butler-movie (cioè il film famigliare con il padre-eroe d’azione) una dimensione sensata, in cui il sentimentalismo inevitabile acquista un senso accoppiato ad una trama d’azione. Non sarà mai il film preferito di nessuno ma se non altro è ben congegnato e teso.

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