Grazie. E scusa., la recensione

Per quanto le dinamiche e la storia che racconta Grazie. E scusa. siano estremamente drammatici, quello di Lisa Aschan è un film che affronta il dolore e difficili rapporti famigliari con una leggerezza a tratti commovente

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La recensione di Grazie. E scusa., disponibile su Netflix dal 26 dicembre

Sara (Sanna Sundqvist) ha un figlio piccolo e sta per partorirne un altro, ma l’improvvisa morte del marito rimette in discussione tutta la sua vita. Il suo futuro e il suo presente, nella forma di un’angoscia che la paralizza (si chiede se riuscirà a dare un’infanzia felice ai suoi figli) si risolveranno solamente affrontando il passato: sarà infatti il ritorno di Linda (Charlotta Björck), la sorella con cui non parla da una vita, a sciogliere le sue paure attraverso uno scambio umano che aiuterà entrambe.

Per quanto le dinamiche e la storia che racconta Grazie. E scusa. siano estremamente drammatiche, quello di Lisa Aschan è un film che affronta il dolore e difficili rapporti famigliari con una leggerezza a tratti commovente, grazie alla scelta di certe situazioni e alla scrittura di dialoghi che nella loro semplicità raccontano con efficacia lo strano rapporto tra queste due sorelle.

Per trovare la sua voce Lisa Aschan sceglie di usare un appena accennato tono comico-grottesco. A partire dall’espressione perennemente apatica di Sara - quasi priva di parola tanto trattiene quello che ha dentro -, Grazie. E scusa. non abbraccia infatti mai pienamente gli estremi di un cinema evidentemente sopra le righe (e questo è un peccato, date le potenzialità), ma trova comunque piccole suggestioni che riescono a rendere interessante una storia che sulla carta risulterebbe piuttosto banale.

Questo tono, Grazie. E scusa. lo trova in primis attraverso i personaggi cui circonda le protagoniste e il loro modo di recitare. C’è il ragazzo di Linda, un bambinone viziato e piagnucoloso che la circuisce facendo la vittima; la suocera di Sara, una psicologa che ha un’intelligenza emotiva pari a zero e non alza un dito per aiutare la nuora; una religiosa con lo smalto verde, che gestisce il gruppo di mutuo aiuto psicologico che frequenta Sara. Tutte queste figure sembrano alienate dalla realtà - nella loro sana follia o semplice ingenuità - e costruiscono un piccolo mondo di relazioni dove, al contrario, quando si parla davvero di sentimenti lo si fa profondamente.

La cosa tuttavia più interessante, e alla fine il messaggio più bello di Grazie. E scusa. è che Linda funge da zia/figura paterna al piccolo Elliot (che la chiama “Zio Linda”). Il suo personaggio vive momenti comici ma è invece con un’ironia molto seria che il suo arco narrativo racconta la realtà di una particolare famiglia arcobaleno, avallando la tesi per cui una famiglia è dove risiede la felicità a prescindere da ogni convenzione.

Sara e Linda ci raccontano di un passato pieno di dolore, del realismo di una tipica famiglia “spezzata” dal risentimento. Non c’è bisogno di usare paroloni eclatanti, perché la semplice presenza e uno scambio sincero riusciranno a riparare, in parte, la loro speranza.

Grazie del gesto, e scusa se non è abbastanza: non potevo fare di più.

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