Grandi Bugie tra Amici, la recensione
Ancora più desideroso di assomigliare a Il Grande Freddo, Grandi Bugie Tra Amici spreca un buon potenziale e annacqua tutto in rapporti artefatti
A scrivere e dirigere c’è sempre Guillaume Canet, questa volta aiutato da Rodolphe Lauga, ma la magia di quella specie di Grande Freddo francese non si ripete. Perché al netto di un buono spunto (poi ci arriviamo) questa volta l’incastrarsi di storie e questioni, di figli, amanti e disillusioni è molto confuso. Le relazioni intrecciate tra personaggi non sono costruite bene e sembrano sempre accadere improvvisamente, come se frutto di un colpo di testa anche se evidentemente non è così. La sensazione è molto più quella di una piccola serie di falsità che costruiscono rapporti artefatti con lo scopo di un po’ di clamore e di esporre sentimenti (in teoria) forti. Solo la maniera in cui questo ampio cast interagisce nelle scene corali (davvero ottima) salva la plausibilità del film e gli dona un po’ di onestà.
L’occasione è tanto più sprecata quanto più il film era partito con una trovata raramente vista. Max infatti ha un esaurimento dovuto ad un crack economico che lo destabilizza in maniere in cui gli uomini al cinema raramente vengono destabilizzati. Iracondo, fermo in decisioni dure per poi passarci sopra piangendo, completamente rimbambito, a disagio in ogni situazione ed emotivamente instabile è un uomo sottoposto a mille pressioni, incapace di mantenere anche solo l’ombra di un equilibrio. E lo sa. Fa pena nella sua strana lotta per risalire la china fatta di subitanee eccitazioni e terribili depressioni. Nessuno racconta mai figure simili.