Grandi Bugie tra Amici, la recensione

Ancora più desideroso di assomigliare a Il Grande Freddo, Grandi Bugie Tra Amici spreca un buon potenziale e annacqua tutto in rapporti artefatti

Critico e giornalista cinematografico


Condividi
Del gruppo di amici di Piccole Bugie tra Amici uno è sempre stato più protagonista degli altri, ovvero Max, il padrone della grande casa in cui gli amici si ritrovano. Nove anni dopo gli eventi del primo film lo ritroviamo ancora lì, intento a riaprire la casa, spolverare, pulire e rimetterla in sesto. Non sta più bene però, lo si capisce, ha avuto un esaurimento e quando gli amici si ritrovano lì, a sorpresa, per il suo compleanno diventa evidente che tutto quel che è accaduto non è finito sotto al tappeto, anzi! Max è furioso e non li vuole, per rimanere saranno necessari compromessi e discussioni.

A scrivere e dirigere c’è sempre Guillaume Canet, questa volta aiutato da Rodolphe Lauga, ma la magia di quella specie di Grande Freddo francese non si ripete. Perché al netto di un buono spunto (poi ci arriviamo) questa volta l’incastrarsi di storie e questioni, di figli, amanti e disillusioni è molto confuso. Le relazioni intrecciate tra personaggi non sono costruite bene e sembrano sempre accadere improvvisamente, come se frutto di un colpo di testa anche se evidentemente non è così. La sensazione è molto più quella di una piccola serie di falsità che costruiscono rapporti artefatti con lo scopo di un po’ di clamore e di esporre sentimenti (in teoria) forti. Solo la maniera in cui questo ampio cast interagisce nelle scene corali (davvero ottima) salva la plausibilità del film e gli dona un po’ di onestà.

A corto di espedienti Grandi Bugie Tra Amici stavolta abusa di canzoni e canzoncine, fa ballare i personaggi quando gli serve, riporta in ballo la moglie di Max in una specie di trama parallela abbastanza inutile e chiude con una prevedibile e un po’ pietosa avventura finale nella quale salvarsi a vicenda. Un campionario di gesti disperati.

L’occasione è tanto più sprecata quanto più il film era partito con una trovata raramente vista. Max infatti ha un esaurimento dovuto ad un crack economico che lo destabilizza in maniere in cui gli uomini al cinema raramente vengono destabilizzati. Iracondo, fermo in decisioni dure per poi passarci sopra piangendo, completamente rimbambito, a disagio in ogni situazione ed emotivamente instabile è un uomo sottoposto a mille pressioni, incapace di mantenere anche solo l’ombra di un equilibrio. E lo sa. Fa pena nella sua strana lotta per risalire la china fatta di subitanee eccitazioni e terribili depressioni. Nessuno racconta mai figure simili.

Continua a leggere su BadTaste