Grand Army (prima stagione): la recensione

Grand Army è uno show che tratta il tema dell'incertezza dei nostri tempi parlando delle vite di cinque giovani

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Grand Army (prima stagione): la recensione

Non è mai un buon segno quando una serie è preceduta dalle chiacchiere, tutt'altro che lusinghiere, che la riguardano, destino che è toccato in sorte proprio a Grand Army, dramma di Netflix che debutterà sul servizio streaming a partire da venerdì 16 ottobre. Per quanto sia consigliabile non lasciarsi influenzare dai dietro le quinte di uno show, il fatto che una serie che tratta con una certa crudezza temi come il sesso, il razzismo e l'identità di genere e affronta delicate tematiche che vedono protagonisti un gruppo di adolescenti, venga accusata di "abusi e sfruttamento" da una delle autrici che vi ha lavorato e che ha portato pubblicamente questa denuncia sui social media, dà un altro sapore alla visione di questo show.

Le accuse, che si sappia, non hanno portato ancora a nessuna azione da parte del colosso dello streaming e non si conoscono le ripercussioni delle dichiarazioni fatte da Ming Peiffer, che ha lasciato il lavoro subito dopo il suo pubblico attacco, ma che qualcosa nello show non abbia funzionato come avrebbe dovuto, sarebbe forse potuto essere intuibile anche senza questa antipatica circostanza.

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Grand Army non è da catalogare sbrigativamente come "l'ennesima" serie sugli adolescenti che parla dei loro tormenti, quasi con l'intento di dissuadere chiunque dall'avere dei figli o a richiuderli in casa nel caso sia già genitore, ma sicuramente appartiene ad un filone nel quale non mancano esempi di fantastici e pessimi show. Il dramma di Netflix, tra queste due posizioni, si potrebbe posizionare in un anonimo centro, magari con una propensione per l'eccellenza, almeno in alcuni casi.

Nel famoso liceo di Brooklyn, da cui prende il nome la serie stessa, si svolgono le vite di 5 studenti, le cui disavventure vengono narrate nel corso di 9 episodi, l'ultimo dei quali della durata di ben 72 minuti. Joey Del Marco (Odessa A'zion), la cui storia è raccontata nella commedia teatrale Slut, scritta nel 2013 dalla creatrice dello show Katie Cappiello, è una ragazza moderna e senza freni, desiderosa di conquistarsi un posto da titolare nella squadra delle cheerleader, disinibita, sfacciata ed ovviamente anche incosciente e sopra le righe, che pagherà a caro prezzo il suo desiderio di anticonformismo. Joey è anche uno dei personaggi più forti e impattanti della serie, che la amiate o che la odiate, difficilmente vi lascerà indifferenti.

Il personaggio di Dominique (Odley Jean) è un'altra delle punte di diamante della serie, una ragazza di colore, nonché una delle studentesse più brillanti della Grand Army, che dovrà faticare il doppio delle sue compagne per ottenere ciò che desidera e questo a prescindere dal fatto che lo meriti più di molti dei suoi compagni. Dominique è una ragazza con troppe responsabilità dalle quali rischia di rimanere soffocata, ma anche una giovane donna con grandi sogni ed un obiettivo ben preciso. Una delle scene più belle della serie la vede proprio come protagonista, mentre - durante il colloquio per un tirocinio in un'associazione che fornisce assistenza psicologica alle minoranze etniche - racconta il suo sogno di diventare psicologa ed aiutare le persone come lei, all'interno di una comunità in cui i problemi mentali sono ancora stigmatizzati.

Le storie dei restanti protagonisti, invece, si perdono nella mediocrità rispetto a quelle di Joey e DominiqueJayson (Maliq Johnson) ed il suo amico Owen, sono due musicisti pieni di talento, la cui carriera scolastica verrà messa in un caso a repentaglio, nell'altro verrà interrotta per lungo tempo, a causa di una bravata e per una politica di tolleranza zero della scuola che non solo tende a punire le minoranze, ma si dimostra anche priva di ogni senso logico ed incapace di essere applicata con discrezionalità.

Sid (Amir Bageria), un promettente atleta di origini indiane che cerca di entrare all'università di Harvard, nasconde un segreto che rischierà di mettere a repentaglio il suo futuro, ma si rivelerà infine la chiave per il suo successo, mentre Leila (Amalia Yoo), una ragazza nata in Cina ed adottata da una coppia ebrea non praticante, è in piena crisi adolescenziale. Presa di mira dalle compagne di origine cinese perché non sa nemmeno parlare la sua lingua materna, è vittima di due mondi a cui non si sente di appartenere e sfoga la sua frustrazione sulla carta, disegnandosi in forma di fumetto nell'atto di combattere come un'eroina (che non disdegna la violenza) contro il mondo intero. La trama a lei dedicata, oltre a interrompere quasi fastidiosamente la narrazione con alcuni inserti animati, in cui le sue fantasie di carta prendono vita trasformandosi in brevi scene di animazione, è anche piuttosto insoddisfacente. Per 9 episodi viene infatti costruito in climax che risulta, alla fine, completamente privo di pathos e deludente.

A fronte di alcune prove attoriali veramente degne di nota, Grand Army è uno show che tratta il tema dell'incertezza dei nostri tempi e di come ragazzi non pienamente sviluppati, ma nemmeno così piccoli da poter essere considerati completamente immuni da ogni responsabilità, cercano di navigare una vita che li attacca da ogni dove. E proprio questo è forse l'aspetto più sgradevole di questo genere di serie, l'incapacità di afferrare il concetto di nuance, come se non esista la possibilità che ragazzi completamente allo sbando convivano con adolescenti più "normali", che gli diano magari la possibilità di non vedere la vita solo ed unicamente come un campo di battaglia. Come in molti teen-show, non necessariamente fatti per un pubblico adolescente, è tutto o rose e fiori o dannazione e sofferenza, senza una via di mezzo percorribile.

Ma l'accusa peggiore che si possa rivolgere a Grand Army è che fa un uso davvero esagerato "dell'elemento shock" per provocare una reazione nel pubblico (per lo più di disgusto). C'è davvero bisogno che una serie esordisca con una diciassettenne che infila una mano nel canale vaginale della sua migliore amica per recuperare un preservativo andato perduto o la mostri mentre cerca di pulire un paio di mutande palesemente sporche strusciandole su un asciugamano, per dimostrare come siano i ragazzi di oggi? Magari i ragazzi sono anche questo e cose del genere accadono quotidianamente, ma quanto scene del genere arricchiscano la narrazione e in che modo contribuiscano a impreziosire un personaggio, è un mistero che siamo incapaci di risolvere.

Grand Army sarà disponibile su Netflix a partire dal 16 ottobre 2020.

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