Good Robot, la recensione
Quando le macchine decidono di ribellarsi all'umanità l'unico robot buono si erge a proteggerla: la recensione di Good Robot
Come detto le regole che governano il gameplay e l’intera esperienza di Good Robot sono abbastanza semplici; con lo stick sinistro ci si muove, col destro si direziona il fuoco, il tutto in ambienti 2D scarni ma meravigliosamente modellati e disegnati, in buona parte ben generati proceduralmente, dato che raramente si ha la sensazione di incorrere due volte in fila nello stesso stage. Uno dei fattori realmente interessanti di Good Robot è la sua progressione a metà tra roguelike e gioco di ruolo; run dopo run si ricomincia dallo stage iniziale forti dell’esperienza accumulata, cercando sempre di andare uno stage oltre, in modo tale che la ripetitività delle missioni non incida sul gameplay, caratterizzato da una giocabilità granitica. I nemici non vengono a cercarci, ma si palesano puntuali e spietati man mano che ci si muove lungo lo stage, al fine di trovare una via di uscita all’inferno di fuoco che ci si presenterà davanti.
Ovviamente, non saremo del tutto abbandonati a noi stessi in questa sfida, ma potremo godere di una lunga serie di potenziamenti legati alla potenza e velocità di fuoco, agli scudi difensivi, e persino alla cosmesi del nostro robottino con una vastissima serie di cappelli buffi e improbabili. Questi potenziamenti saranno acquistabili abbattendo i nemici e raccogliendo dollari dai loro amabili resti, dollari che saranno sempre abbastanza da potenziarci a sufficienza nei negozi abilmente celati lungo lo stage, ma mai troppi da rendere il gioco eccessivamente semplice. Si è accennato dei vari stage, che se da un lato risultano tutti piuttosto simili esteticamente sono viceversa piuttosto variegati nei loro meccanismi funzionali, pieni come sono di bordi elettrificati che condizionano la progressione, torrette che spuntano dal nulla a rinforzare il fuoco nemico e boss e mini boss decisamente agguerriti. Di nuovo, nulla di elaborato, ma tutto funziona, stimolando il giocatore a rigiocare ossessivamente gli stage per spingersi sempre oltre.
È difficile dire di più di Good Robot, che è vittima ed espressione al tempo stesso della sua natura. La giocabilità del titolo è assolutamente granitica, divertente e stimolante quanto basta per la natura mordi e fuggi del titolo, praticamente inattaccabile. Al tempo stesso però, il titolo Pyrodactil risulta privo di reali ambizioni, prigioniero di una serie di schemi di genere che impediscono una valutazione completamente positiva; impossibile non evidenziare infatti una progressione non sempre armonica dell’avventura, con power up ora troppo generosi ora inarrivabili, con stage che alla lunga tendono a non offrire nuovi stimoli (tanto avrebbe aiutato una semplice modalità arcade con stage predefiniti) e più in generale una mancanza di veri guizzi qualitativi rispetto alla media del genere, che lo rendono un titolo valido ma come tanti. Queste mancanze di riflettono in una direzione artistica poco ispirata, in un level design migliorabile, in nemici un po tutti uguali e in generale in una produzione che manca del respiro dei grandi titoli. Ma come già detto, tutto nel complesso funziona, risultando godibile e giocabile se si cerca un titolo mordi e fuggi che sia perfetta evoluzione PCistica della filosofia mobile gaming.