Gomorra - La serie 2x11/2x12 (finale di stagione): la recensione

Gomorra - La serie arriva al finale di stagione: siamo al culmine della tensione tra Pietro, Gennaro e Ciro, e la resa dei conti è vicina

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Spoiler Alert
C'è chi lo paragona a The Wire, c'è chi lo paragona a Game of Thrones, e invece Gomorra è simile solo a se stesso. È un prodotto tipicamente italiano in un'accezione positiva del termine, molto lontana da come la intendeva Stanis La Rochelle. Una serie che mira a soddisfare il palato di un target sicuramente trasversale, ma nel quale rientrano tutti quegli spettatori abituati a seguire modelli stranieri quando si parla di show televisivi. La serie di Sky non è avulsa da quel tipo di linguaggio. Ne segue le svolte e gli stratagemmi più tipici (il colpo di scena, il cliffhanger, i personaggi conflittuali), ma ne riadatta gli stilemi alla luce del contesto sociale che deve raccontare. Rimane un racconto di genere – ed è assurdo che questo passi spesso in secondo piano – forte e coinvolgente.

Questi ultimi due episodi andati in onda portano al culmine e punto di non ritorno gli scontri e l'ansia alimentati nelle precedenti puntate. Pietro Savastano esce totalmente allo scoperto, ed è lui a a dare la caccia agli ultimi scissionisti rimasti dopo che gli equilibri sono stati completamente ribaltati. A Ciro, al figlio di Scianel e ai pochi altri non rimane che tentare una debole riscossa, nascondersi, salvare il salvabile, infine arrendersi o morire. Quindi il trionfo della strategia più rabbiosa di Pietro contro i piani di Gennaro, che invece vedeva più a lungo termine.

Le figure femminili in tutto questo sono l'ombra, spesso molto importante e influente, che ci permette di lanciare uno sguardo più approfondito ai personaggi e di decifrare meglio le loro mosse. Pietro si lascia andare alla passione con Patrizia, che gli ha praticamente salvato la vita la scorsa settimana, Gennaro trova nella paternità e nel matrimonio con Azzurra un ulteriore motivo per allontanarsi da Secondigliano, Ciro si aggrappa alla figlia – questo è stato uno dei temi ricorrenti della stagione – per trovare una ragione per andare avanti. Nessuno di questi equilibri rimarrà integro alla fine del concitato doppio episodio, che chiude molti discorsi, ma ne costruisce di nuovi per l'immancabile terza stagione.

Pietro infine, irrimediabilmente sporcato dalla decisione imperdonabile di uccidere la figlia di Ciro, va incontro alla sua giusta, e anche prevedibile per certi versi, fine. Tocca a Ciro, armato da Gennaro, spezzare la vita del boss che muore di fronte alla tomba di Imma, appena dopo aver fatto la proposta a Patrizia. Dalle ceneri di questo grande personaggio (e grande interprete Fortunato Cerlino) rimangono Malammore, che ha ancora le mani sporche di sangue di una delle scene più forti della storia della serie, e Patrizia, che nell'arco della stagione è cambiata moltissimo. La sua evoluzione è la più interessante, forse la migliore raccontata dallo show, ed è chiaro che il personaggio avrà qualcosa da dire il prossimo anno.

Ma è stato importante anche il lavoro fatto su Ciro. Tutto si poteva pensare su di lui, tranne che avremmo finito per provare una forte empatia per il suo personaggio, e invece è proprio così che o ricordiamo, nonostante tutto. Spezzato, devastato, irriconoscibile. Il percorso stagionale si chiude su un ovvio parallelismo tra la morte di un Pietro e la nascita di un altro. La gestione del tempo lascia un po' a desiderare (non abbiamo la sensazione che sia passato così tanto tempo), ma alla fine tutto si chiude sui temi storici della serie: la famiglia, un distorto senso dell'onore, la sete di potere.

Poco si poteva chiedere di più a una stagione che ha di gran lunga migliorato il lavoro dell'anno scorso.

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