Gomorra 2x03/2x04: la recensione

Gomorra continua a costruire un'intensa seconda stagione, tra colpi di scena e vecchi conflitti che tengono banco tra i clan

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Spoiler Alert
Non è solo la mano di Stefano Sollima ad accomunare due prodotti come Suburra e Gomorra. Si tratta di raccontare storie simili, contesti degradati visti sotto una luce diversa, che sfrutta situazioni e personaggi non necessariamente realistici, ma verosimili. Ci sono gli archetipi dietro tutto questo, ed è facile vedere qualche somiglianza tra il Salvatore Conte della serie di Sky Atlantic e il Samurai interpretato da Claudio Amendola. Emblemi, simboli più che uomini, che si nascondono dietro una corazza creata ad hoc per nascondere le loro debolezze e ergersi al di sopra del giro di affari e di vite che gestiscono.

Era attraverso la voce del bravo Marco Palvetti – sottile e distaccata la sua interpretazione, come il suo personaggio – che lo scorso anno sentivamo le parole "l'uomo che può fare a meno di tutto non ha paura di niente". Da queste parole parte il terzo episodio della seconda stagione di Gomorra, ancora una volta molto episodico, ancora una volta pronto a tradire lo scenario corale per portare alla ribalta un personaggio per volta. Evidentemente, a questo giro parliamo proprio di Salvatore Conte, del suo distaccarsi in modo forzato dal mondo, dai vizi, dagli affetti, cedendo solo in parte ai baci con l'amatissima madre. In questo equilibrio precario di forze, in cui Ciro Di Marzio e gli altri aspettano solo un passo falso per potersi insinuare e far saltare un'alleanza che sapevamo non sarebbe durata a lungo, Conte commette quell'errore.

L'episodio è splendido, opprimente e teso come una corda di violino. Tra questa puntata e quella precedente, Gomorra sta assorbendo grande capacità nello storytelling. Quella forza nella scrittura e nella regia che viene nascosta quel tanto che basta a non compiacersi (insomma, qualche eccesso c'è sempre, ma ormai fa parte dello stile della serie) e a soddisfare lo spettatore. La morte di Salvatore Conte non è una sorpresa assoluta per come viene raccontato l'episodio, e il triplo gioco dei suoi sottoposti è facilmente intuibile, dato anche il fatto che Ciro Di Marzio dovremo per forza rivederlo nella resa dei conti con i Savastano. Comunque è un peccato per la dipartita di un personaggio tra i più interessanti e memorabili dello show, avremmo voluto vederlo più a lungo in scena.

Il quarto episodio per forza di cose nasce sulla scia del colpo di scena della precedente puntata e non ne raggiunge i picchi. Intorno al personaggio di "Scianel" (molto intensa Cristina Donadio) gravitano le problematiche dell'episodio: il ritorno di Pietro, che cerca di creare scompiglio sulla piazza, la tragica figura di Patrizia (Cristina Dall'Anna), commessa che finisce in un gioco più grande di lei, la reazione apparentemente pacata di Ciro, che in un anno sembra aver imparato l'arte della diplomazia. È il più interlocutorio degli episodi andati in onda fino ad ora. C'è la necessità di costruire il terreno per i nuovi scontri dopo la scomparsa di Conte, di mettere sul tavolo nuovi contrasti, la fidanzata del figlio di Scianel, e vecchie tensioni, con il ritorno di Gennaro chiesto a gran voce.

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