Going clear: Scientology e la prigione della fede, la recensione

È il più completo documentario su Scientology Going clear ma nonostante un materiale incredibile non riesce a usarlo per generare un pensiero nuovo

Critico e giornalista cinematografico


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Non ci sono dubbi sul fatto che Alex Gibney abbia realizzato l'opera più completa ed interessante sul tema dello smascheramento della chiesa di Scientology, i cui meccanismi e i cui sistemi sono a dir poco "opachi". Non solo ricostruisce molto bene la genesi di come il culto sia nato e abbia ottenuto lo statuto di religione dall'agenzia delle entrate statunitense, ma riesce a mostrare anche del materiale di repertorio mai visto prima e stupefacente (convention, video didattici e materiale interno alla chiesa).
Grazie alle interviste realizzate a molti degli esuli della chiesa, una volta occupanti posizioni di prestigio e potere (tra cui figura anche Paul Haggis), Gibney organizza e mette in scena informazioni dettagliate e chiarissime con le capacità narrative che gli competono.

Il suo obiettivo non è solo esporre la verità a tutti i livelli (come funzioni ma anche perchè funzioni così bene), più in alto quel che il documentario vorrebbe ambire a dire è però qualcosa di significativo sul bisogno di credere, ed è qui che fallisce. Going clear, desidera essere così chiaro ed efficace, così empatico e shockante che si appoggia addirittura a scene girate appositamente per fare da contrappunto ai racconti, per mettere in scena dei dettagli di ciò che viene raccontato. L'effetto non solo è molto kitsch ma anche abbastanza degradante. Mettere in scena qualcosa, anche se parzialmente e solo per dettagli che illustrino le parole è in sè un punto di vista, non è un'operazione neutra, rinforza una lettura drammatica dei fatti. Si dirà che anche un documentario senza immagini di finzione non è un'operazione neutra, ed è vero, ma l'arma della ricostruzione appare ben più che superflua in questo caso, un calco puerile di qualcosa già presente nelle interviste.

Anche l'idea stessa del credo come una prigione, la grande metafora di questo culto che affascina, promette successo, si appropria dei meriti di questo quando arriva e poi una volta conquistato il fedele lo ingabbia in una serie di regole e costrizioni utili alla propagazione di se stesso, appare come un accenno. Scientology dovrebbe essere la versione pompata ed estrema dei medesimi meccanismi che regnano in ogni religione (la confessione dei peccati, la messa la bando degli estranei alla chiesa, la promessa di "stare meglio") e invece rimane un unicum. La parte del leone la fanno infatti le informazioni. Tali e tante da impressionare. Interviste a L. Ron Hubbard mai viste prima, scene da regime da totalitario in cui la religione santifica se stessa, propaganda e anche video girati dagli stessi membri della chiesa mentre sorvegliano e intimidiscono gli ex adepti.
L'unico limite di Going clear allora è quello di rinforzare tutto quello che già crediamo, di fornire una base concreta a quel che si è spesso detto, senza avere la forza di costruire qualcosa su tutto ciò, senza avere l'acume di utilizzare tutto questo materiale straordinario per andare più in là della mera esposizione di informazioni.

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