God’s Favorite Idiot: la recensione

Caratterizzata da una pochezza sconfortante di idee God’s Favorite Idiot è tutto quello che si propone di criticare: ingenua e sempliciotta

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La coppia comica (e nella vita) Melissa McCarthy e Ben Falcone arriva su Netflix con i primi 8 episodi di God’s Favorite Idiot. Una serie che potrebbe essere definita una tragedia di commedia. Perché parla di un’apocalisse imminente, portata dall’inferno come atto finale di una guerra tra angeli e demoni, e perché -tragicamente- non fa ridere.

La trama di God’s Favorite Idiot

Il sorridente impiegato di un’azienda di informatica Clark Thompson viene colpito da un fulmine. Ne esce incolume. In compenso scopre di avere ottenuto la capacità di brillare a comando. Nonostante sia poco acuto di mente, si rende conto di essere diventato un pacifico emissario di Dio, un messaggero sulla terra a cui sono stati conferiti i poteri per impedire la fine del mondo. 

Melissa McCarthy interpreta la sua ragazza, Amily Luck, che insieme ai colleghi si adopera per sostenere il piccolo culto nato attorno all’uomo e che attira su di sé tanta attenzione mediatica oltre all’invidia del pastore della città. A minacciarlo saranno anche i cavalieri dell’Apocalisse e Satana in persona sotto una seducente veste. 

God’s Favorite Idiot non è diverso dai precedenti prodotti della coppia McCarthy - Falcone, come ad esempio Tammy, The Boss, Thunder Force. Una comicità semplice, fatta di personaggi che pretendono di essere simpatici strizzando l’occhio e facendo commenti imbarazzanti o giochi di parole da quattro soldi. La trama è a metà tra Brian di Nazareth e The Good Place, ma attenzione a non farsi incoraggiare. Pensare a questi due titoli guardando la serie fa venire solo il lancinante dolore di un’occasione clamorosamente persa.

Ispirazioni mancate

Il film dei Monty Python partiva dalla parodia religiosa per andare a graffiare altrove, sui fanatismi e le dinamiche sociali che si creano intorno ai culti. La serie di Michael Schur invece trasformava l’infantile rappresentazione del paradiso in uno strumento “terra a terra” per affrontare discorsi filosofici complessissimi rendendoli comprensibili a tutti.

Non si pretendeva nulla di questo per God’s Favorite Idiot, solo avere un’idea comica, o almeno qualcosa da dire. Invece ogni singolo episodio inizia con la voglia di essere irriverente e finisce nel moralismo più buonista e scontato. Si cerca di fare proselitismo sulle cose più ovvie, tipo che le persone non si distinguono per via del loro credo. Il sacerdote non riconosce il “figlio di Dio” che ha davanti ed è più vicino al diavolo che agli angeli. Praticamente scritto per far scuotere la testa pensando a quanti si approfittano delle credenze altrui per interessi personali. 

E ancora: i media si approfittano del sensazionalismo della notizia solo per fare audience. Sono scettici, ma assecondano il volere di magia del popolo! Mai fidarsi insomma, nel diffondere il messaggio con i nuovi strumenti di comunicazione. Meglio andare porta porta!  

Tutta così, la serie tira amichevoli buffetti spacciandoli per schiaffi

Se proprio si vuole chiamarla satira chiamiamola anche “la serie irriverente per credenti” che non fa male a nessuno. Le uniche persone che si potrebbero sentire prese di mira ridono serene perché ogni battuta conferma proprio le idee di cui si prende gioco. 

Il linguaggio della comicità è quello moraleggiante dei commenti di Facebook scritti da chi non lo sa usare. Quindi “Harrypottezzare” (cioè fare un incantesimo ad alcuni luoghi come in Harry Potter) è una battuta ricorrente che assomiglia molto al “petaloso” di qualche anno fa. Tremende anche le battute sulla dislessia, dove un personaggio non riesce a pronunciare parole legate al sacro perché affetto da quel disturbo. Sforzandosi un po’ si intuisce che la gag dovrebbe far riferimento all’impossibilità di pronunciare il nome di Dio nelle antiche tradizioni. O forse no.

God’s Favorite Idiot è senza ambizioni

In God’s Favorite Idiot nemmeno l’idiota lo è a sufficienza. Anzi, è semplicemente un uomo comune. Tutti i suoi colleghi, che invece dovrebbero essere i cinici e irriverenti “uomini e donne di mondo”, sono scritti come personaggi secondari di una barzelletta troppo lunga. Il diavolo è donna, e soprattutto rimpiange il 2020 (sic!). Se questo non stride abbastanza, si consideri anche che "è stata Satana a inventare le pistole, per questo le piacciono così tanto”. 

Manca totalmente di creatività anche nelle tentazioni. Lì avrebbe potuto trovare qualche buona situazione, considerando anche il tono sbarazzino di Melissa McCarthy (che interpreta sempre se stessa, o meglio il carattere che lei si attribuisce). Invece le idee sono tutte ad un livello da cartone animato di serie b. Il diavolo deve farla uscire di casa e allora le fa apparire nel cortile dolci e prelibatezze. Come può resisterle?

Interi segmenti delle (per fortuna) brevi puntate girano a vuoto, come cinque minuti atroci in cui tutti commentano i capelli di una delle impiegate. Si era messa bella per fare colpo sull’uomo che le piace ma il risultato non è stato quello sperato. La trama si blocca così di colpo per far vedere la reazione di ogni singolo personaggio a quel cambiamento. Nessuna è divertente.

God’s Favorite Idiot non si può dire un fallimento, perché nemmeno ci prova ad essere qualcosa di ben fatto. Non è nemmeno un discreto riempitivo di catalogo, vista la sua pochezza sotto ogni fronte. Le scenografie, fatte con due soldi, sono sempre le stesse cosicché la serie sembra una sitcom. Viene allora un po’ di nostalgia di quando in televisione c’erano le reazioni del pubblico registrate. Sarebbero servite molto, in questo caso, almeno per individuare le battute dove provare a ridere.

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