God of War Ragnarök, l’inverno è finalmente arrivato | Recensione
God of War Ragnarök è il miglior “more of the same” che potessimo mai sperare di avere. Un titolo stupendo sotto tutti i punti di vista
Abbiamo passato le ultime settimane a esplorare i nove Regni di Ragnarök, perdendoci nella bellezza delle missioni secondarie e godendoci questo epico viaggio sino in fondo. Un viaggio che ha richiesto più tempo di quello che ci aspettassimo, costringendoci ad arrivare lunghi con questa recensione. Se ne è valsa la pena, ve lo lasciamo scoprire leggendo questo articolo, nella speranza non saltiate subito a leggere il voto a fondo pagina. Spoiler: sì, abbiamo deciso di dare nove alle maestose avventure di Kratos e Atreus.
LA NUOVA FORMA DELL’EPICA NORRENA
God of War Ragnarök si apre tre anni dopo gli avvenimenti visti nel finale del titolo datato 2018. Per essere più precisi, poche ore prima dell’arrivo di Thor anticipato dalla “post credit” del gioco. Atreus è cresciuto, anche se faremmo meglio a dire “maturato”. Ora è più consapevole e determinato a indagare sul proprio passato. Un passato dal quale Kratos sembra volerlo tenere lontano. Anche il Dio della Guerra è ben diverso da come lo abbiamo lasciato. Possiamo parlare anche in questo caso di “maturazione”, con lo spartano più incline al dialogo dopo aver abbracciato il proprio ruolo di padre.
Ovviamente, quando necessario, God of War Ragnarök preme il piede sull’acceleratore e da vita a momenti che ci hanno fatto scorrere i brividi lungo la schiena. La storia principale può essere completata in circa venticinque ore, ma dividere quest’ultima dalle quest secondarie è davvero difficile. Il gioco ci porta ad affrontare diverse missioni extra. Missioni che non solo risultano molto divertenti, ma che servono moltissimo ad approfondire il rapporto tra Kratos e Atreus. Lo possiamo affermare senza alcun timore: affrontare il Ragnarök ignorando queste avventure potrebbe essere un grave errore, impedendovi di apprezzare appieno l’immenso lavoro di scrittura fatto dai ragazzi di Santa Monica Studio.
MORE OF THE SAME
Come già accennato in apertura, God of War Ragnarök è stato additato come un “more of the same”, ovvero come un “più di tutto quello che abbiamo già visto”. Ebbene, nessuna definizione potrebbe risultare più calzante di questa. Badate bene, però, che non usiamo questo termine con disprezzo. Anzi. Prendete ogni singolo elemento del God of War del 2018 e portatelo al massimo. Il risultato è un gioco migliore sotto ogni punto di vista. Più vario, più profondo, più divertente e, senza dubbio, più strutturato.
Questa evoluzione parte però dal combat system, facendolo sbocciare rispetto a quanto visto quattro anni fa e dandoci davvero prova della bontà di alcune meccaniche. Ora Kratos non solo ha a disposizione più mosse, più abilità, più armature e più armi, ma ha anche una varietà maggiore di situazioni dove poterle utilizzare. In tutto questo torna Atreus che smette di essere esclusivamente un personaggio di supporto da utilizzare alla bisogna. Il figlio del Dio della Guerra diventa centrale nella risoluzione di enigmi, combattimenti e non solo (ma non vogliamo troppo entrare nella pericolosa “area spoiler”). Una scelta che ci sentiamo di premiare a mani basse.
Combattere in God of War Ragnarök è un vero piacere. Nelle nostre quaranta ore di gioco non ci siamo annoiati neanche per un istante, desiderando sempre un’area nuova da visitare, un nuovo nemico da sconfiggere e una nuova sfida da superare. Un vero balzo in avanti rispetto al passato.
Ad accompagnare questo salto qualitativo ci pensa anche il level design, che ci ha lasciato più volte a bocca aperta. Ci troviamo di fronte al perfetto ibrido tra un open world e un titolo narrativo. Una nuova opera che ci spinge a continuare su quelli che sembrano binari dettati dalla trama, ma che in realtà ci suggerisce di esplorare ogni singolo anfratto di gioco, ben più grande del semplice “corridoio” da percorrere per mandare avanti la main quest. Un risultato che potrebbe essere paragonato a Uncharted 4: Fine di un ladro, ma che in verità potenzia quella sensazione di libertà provata nella sezione del Madagascar del titolo Naughty Dog.
Durante le nostre numerose sessioni di gioco abbiamo sinceramente fatto fatica a staccarci dal pad, perché ammaliati dal costante bombardamento di nuove informazioni, aree, nemici e situazioni. Una corsa che sembra non fermarsi mai e che, nonostante alcuni momenti più sottotono di altri, ci ha lasciati per tutto il tempo con una grande luce (di Alfheim) negli occhi.
UN PONTE TRA LE GENERAZIONI
God of War Ragnarök è un titolo cross-gen e, per quanto magnifico, questo è evidente da alcuni dettagli grafici. I modelli dei protagonisti sono semplicemente sensazionali, ma il palco crolla con alcune texture ambientali o con la cura riposta in alcuni personaggi secondari. Nulla di davvero problematico, dato che il gioco sa bene dove concentrare la nostra attenzione. La regia, infatti, enfatizza esattamente il necessario, dando prova per l’ennesima volta della bravura del team californiano. Anche Ragnarök è costituito da un immenso (e fittizio) piano sequenza, che dona al racconto un tono epico semplicemente perfetto.
Consci delle limitazioni del God of War del 2018, Santa Monica Studio ha lavorato a decine di tipologie di nemici differenti. In questo modo il titolo presenta una tale varietà da lasciare frastornato il giocatore. Il magistrale lavoro svolto dai concept artist, infatti, ci permette di elogiare il comparto artistico di questa nuova opera, diretta dal talentoso Eric Willams.
Splendida anche la colonna sonora, che emoziona quando presente, ma che riesce a rimanere anche in sottofondo, lasciando spazio alla recitazione dei vari personaggi. Il doppiaggio, come di consueto nelle produzioni PlayStation Studios, è pressoché inattaccabile, con voci sempre coerenti con il design del personaggio e con un livello di recitazione davvero elevato. Peccato, però, che non si sia deciso di premiare i doppiatori con i nomi in italiano durante nei titoli di testa iniziali. Un piccolo dettaglio presente nell’opera del 2018 e che, sinceramente, ci è dispiaciuto non ritrovare in Ragnarök.
God of War Ragnarök è il miglior “more of the same” che potessimo mai sperare di avere. Tutto quello che abbiamo amato nel primo capitolo torna ora in questa seconda avventura in una versione potenziata. Certo, il cambio di registro narrativo potrebbe infastidire alcuni giocatori, ma nulla che comprometta seriamente la fruizione di un’opera tanto monumentale. Santa Monica Studio ci ha stupiti ed emozionati con un titolo non solo longevo, ma anche straordinariamente divertente. Un titolo che, al di là di quanto elencato in fase di recensione, nasconde molte sorprese che non vediamo l’ora possiate scoprire con i vostri occhi (e pad alla mano). L’inverno è finalmente arrivato e noi non potremmo essere più felici di bearci di questo freddo.